Direttamente dall’America per la gioia dei defenders più accaniti sbarca nel nostro continente questo stupefacente album di debutto dei Distant Thunder, band dedita ad un heavy classico e molto veloce e che vede tra i suoi elementi l’ex Helstar e ora attuale singer dei Seven Witches, James Rivera e Mike LePond dei Symphony X al basso.
La produzione del dischetto è invece affidata a Jack Frost, chitarrista dei Seven Witches ed ex-Savatage.. Se non siete ancora svenuti correte subito in negozio a comprare quest’incredibile disco: la band statunitense è autrice di un pregiato platter, in cui sonorità vicine ai Judas Priest, soprattutto per quanto riguarda il cantato di Rivera, si alternano a virtuosismi chitarristici, a sfuriate di doppia cassa e a riffs maledettamente pesanti e di stampo eighties che riescono a catturare l’attenzione senza rivelarsi mai banali.
Dopo un breve intro, “The Days Upon you”, dove una voce dall’incedere malvagio e oscuro ci da il benvenuto, si aprono le danze con “I welcome the end” che attacca con un riff dannatamente vicino al power metal più scontato anche se poi si rivela essere una grandissima opener track, veloce, diretta e dal chorus coinvolgente che si farà cantare dopo pochi ascolti; si prosegue con “Soulles Inventions”, dove un breve intro acustico spiana semplicemente la strada verso la tonnellata di metallo rovente che la coppia Holpern-Hill si prepara a riversarci addosso durante il susseguirsi della canzone.
“Fire in the sky” è forse con “Beyond the black field of star” la canzone più devastante dell’intero album: sembra di essere tornati al cospetto dei Judas Priest. Il pesante riffing delle chitarre supportato dalla sezione ritmica LePond-Ward si dimostra efficace e distruttivo, mentre il cantato di Rivera alterna parti più cattive e aggressive ad acuti altissimi degni del miglior Halford. C’è persino spazio per un brano interamente strumentale: è appunto il caso di “Distant Thunder” che nonostante il riffing che la caratterizza sa un po’ troppo di semplici esercizi per chitarra alla fine si rivela molto interessante e trascinante anche se forse di durata un po’ troppo eccessiva.
Con “Lost in time” sembra arrivato il momento del lento, ormai presente in quasi ogni album metal che si rispetti: un sognante arpeggio di chitarra acustica accompagna la voce ispirata di James che regala una prestazione vocale assolutamente fantastica e incredibile; tuttavia dopo breve tempo l’arpeggio si trasforma in un mid tempo cadenzato per poi esplodere alla grande in un riff pesantissimo con un refrain davvero convincente e accattivante.
I Distant Thunder ci regalano anche una cover degli Helstar, in altre parole “Run with the pack”, mentre “Restless & Wild” degli immortali Accept (sempre coverizzata dal gruppo in oggetto) chiude questo album di debutto che consiglio davvero fortemente agli amanti del metal classico e incontaminato. Davvero un buon disco e poi a mio avviso Rivera è un incredibile cantante degno di essere ascoltato ed apprezzato.