“Life has ended here” è il secondo album dei Dominion III di Tharen (già in Abigor, Amestigon e Dargaard) nel quale compaiono anche altri musicisti (tra cui Elisabeth Toriser dei Dargaard). Non aspettatevi un disco black però, perché non è questo il caso (seppur qualche influenza di questo genere si ritrovi nella voce di Tharen, uno scream prettamente black che viene quasi sempre filtrato, perdendo la sua connotazione originale), “Life has ended here” è infatti sostanzialmente un disco Electronic Dark con forti influenze ambient ed industrial.
Questo significa che i 7 pezzi che compongono quest’album, seppur abbastanza disomogenei tra loro, sono tutti caratterizzati da un massiccio uso dell’elettronica (che pero’ diminuisce di importanza nell’ultima traccia) e da un feeling parecchio futuristico ed oscuro. Ora chiariamo subito che in questi 43 minuti abbondanti di musica non troverete nulla di nuovo (in diversi momenti, per esempio, mi sembra di sentire l’influenza dei “:Wumpscut:” , ma questo e’ solo uno dei nomi che mi vengono in mente ascoltando il disco), tuttavia l’album scorre via abbastanza bene.
L’opener del cd, dal poco originale titolo A dead heart in a dead world è un gran bel pezzo, una canzone adrenalinica ed energica dove su una violenta colonna portante di elettronica dal sapore estremamente futuristico vengono innestati il filtratissimo cantato black di Tharen e l’apocalittica voce di Elisabeth (scandita da rintocchi di campane). Il brano è davvero riuscito, sembra di assistere alla fine di un mondo futuristico ed ipertecnologico!!
Se tutti i pezzi fossero come questa grigia perla ci troveremmo di fronte ad un grande album, peccato che questi livelli non siano raggiunti dagli altri brani… “Life has ended here” è un’altra traccia davvero piacevole (per quanto si possa definire così una composizione di questo tipo…), dove l’influenza ambient si fa più marcata. Questo pezzo è infatti principalmente composto da synth sui quali Elisabeth si produce in lamentosi vocalizzi (ogni tanto compare pure Tharen con una specie di “recitato”, rendendo il tutto ancora più alienante).
The priests of emptiness è la terza traccia del disco (l’ultima in cui compare Elisabeth, se escludiamo qualche breve momento nella conclusiva Coming winter), una lunga canzone con delle ritmiche rallentate e cadenzate sulle quali Tharen si esprime con una certa cattiveria, alla quale fa da contrappunto la “paranoica” ed inquietante voce di Elisabeth.
Purtroppo da qui in avanti il disco andrà in calando… i due pezzi successivi sono infatti più “danzerecci” (soprattutto Conductors of live, molto “dance floor oriented”, mentre invece Unreal è più oscuro e meno ballabile) e nessuno dei due è particolarmente riuscito (i Dominion III non riescono ad avvicinarsi minimamente ai grandi nomi di questo genere).
La sesta traccia è poi un brano strumentale molto elettronico che va benissimo come sottofondo per videogiochi tipo “Unreal” o “Quake” (non a caso spesso metto questo disco in “background” quando gioco ad “Unreal Tournament”), ma che ascoltato con attenzione dopo un po’ stanca. Pollice verso per l’ultima traccia, un brano interminabile dove l’elettronica perde un po’ di importanza per lasciar spazio a chitarre più presenti e ad una voce più black, personalmente trovo che il pezzo sia davvero noioso…
Insomma, “Life has ended here” ha degli alti e bassi notevoli, ed il voto che vedete la’ in alto potrebbe sembrarvi eccessivo rispetto a quanto detto finora… Penso però che i Dominion III un 6.5 se lo meritino tutto, poiché hanno dato prova di avere delle buone intuizioni e, qualora sviluppassero il discorso iniziato sui primi 3 pezzi (Elisabeth è notevole, va usata di più!!!), potrebbero riservarci delle belle sorprese…
Un’ultima nota: Tharen costruisce delle atmosfere futuristiche credibili e coinvolgenti (potrebbe avere un futuro come compositore di musiche per ambientazioni futuristiche di tipo apocalittico), per cui se vi piace il genere potreste dare un ascolto al disco, non aspettatevi però nulla di particolarmente originale…