I toscani Downkiss escono allo scoperto con il primo lavoro sulla lunga distanza, chilometricamente intitolato Push Me To The Limits Of The Calculating Madness e mettono subito le cose in chiaro: artwork vintage, colori alquanto psichedelici e suono sporco. Lo stile della band è un ibrido di sonorità evidentemente alternative ma il tratto principale che ne viene maggiormente esaltato si muove, a mio avviso, a metà strada tra stoner, punk e positiva sgangheratezza. A dire la verità in più di un’occasione mi sono saltati in mente i Monster Magnet di Power Trip, fatta eccezione per la produzione poco curata che qui si ostina ad accentuare le frequenze basse, creando così un suono chiuso ed eccessivamente cupo, dal quale faticano ad emergere perfino le zanzarose chitarre. Forse la scelta è voluta, così come per la semplicità di taluni arrangiamenti, ma di sicuro tutto ciò non favorisce l’ascolto. La cantante americana Joann Pate pur avendo un’attitudine rock’n’roll ed uno stile “tosto” che fitta particolarmente con il genere proposto, sembra voler azzardare un tantino troppo, risultando così non sempre precisa (soprattutto nei registri alti) e nel complesso finisce per “suonare” più monocorde di quanto in realtà non sia. E se le visioni blues di Trampled And Crushed e le spruzzate hardcore di The Little One For The Goodnight ci lasciano una band sempre in cerca di nuovi stimoli, la tribale Mellow Boredom e la divertente e fumosa Step Forwards (la mia preferita con il suo classico country-blues) dimostrano come i Downkiss abbiano una costante voglia di esplorare per arricchire e definire sempre più il loro sound. Il resto del lavoro, pur avvalendosi di ritmo e divertimento, si autocontorce in una inevitabile omogeneità di fondo e non sempre riesce a colpire nel segno, forse proprio a causa dell’inesperienza che va spesso a cozzare con le difficoltà che un esordio solitamente impone. Lo sforzo e l’impegno vanno sempre apprezzati. A voi l’ardua sentenza.