Non c’è che dire, i Dying Fetus ci sanno fare. Eccome se ci sanno fare. Credo che per un qualsiasi amante del sano death metal non ci sia niente di meglio che ricevere uno schietto e diretto pugno in mezzo ai denti sin dal principio di un album. E il nuovo “Descend Into Depravity” non tradisce assolutamente. Non si può del resto non rimanere con uno stupido sorriso stampato sulle labbra al termine dell’iniziale “Your Treachery Will Die With You”, mentre però si è costretti a leccarsi le ferite causate dal pugno citato in precedenza! Del resto la song in questione ha esattamente tutto quello che si vorrebbe ascoltare da un pezzo di death metal brutale. Velocità, aggressività allo spasimo, assoli super veloci e volutamente confusionari e quella voce che stupendamente grugnisce fungendo da perfetto sottofondo di un continuo massacro.
Qui urge però una precisazione. Semplicemente per mettere in guardia chi potrebbe pensare ad una qualsiasi evoluzione da parte della band statunitense. No, assolutamente no, e per fortuna aggiungerei! I nostri si “limitano” ancora una volta a darci in pasto l’ennesimo disco di brutalcore assassino e concreto, che ha fra le sue migliori qualità la compattezza assoluta, la perfetta produzione che mette in risalto benissimo ogni minimo particolare, e la capacità di non costringere l’ascoltatore alla noia, cosa molto difficile in un mondo, quello del death metal, che è fin troppo saturo e popolato di miriadi di band che sembrano spesso fatte in serie in una fabbrica, senza un minimo di personalità, risultando tutte uguali fra loro.
Il nuovo parto in casa Dying Fetus sceglie quindi di mantenersi sulla stessa vena compositiva di tutti i suoi predecessori, specialmente il già buono e precedente “War Of Attrition”. Stavolta però la band sembra addirittura più ispirata, e lo si percepisce in molti frangenti, durante l’ascolto delle diverse tracce del dischetto.
Oltre la già citata opener, non si può non esaltarsi al massimo e tenere ferma la testa di fronte ad assalti all’arma bianca quali “Conceived Into Enslavement”, che parte con un mix fra un blastbeat e dei riff ultra intricati ma efficacissimi, per poi proseguire la sua marcia distruttiva fra mille sfaccettature diverse, mid-tempos, velocità, stacchi micidiali, insomma, c’è davvero di tutto.
Altro highlight è certamente la title-track, non dissimile dalle altre, ma che si esalta grazie ad una precisione esecutiva da urlo.
Bravissimi, non c’è che dire, forse anche più complessi rispetto all’immediato passato, ma ottimi anche nel rendere piacevole la difficoltà di non riuscire a seguire alla perfezione un determinato schema-canzone.
Poco altro da aggiungere, se non il fatto, scontato per chi avesse letto fino a questo punto, di acquistarlo assolutamente qualora vi professiate anche solamente dei “normali” ascoltatori delle sonorità più estreme. Promossi a pieni voti, ma non è certo una novità per i Dying Fetus!