6 Ottobre 2014 – Ciampino (Roma), Orion
Quando a inizio anno uscì la news del tour europeo degli Edguy, devo ammettere di essere rimasto in uno stato di assoluta catalessi per 10 minuti buoni: il mio gruppo preferito finalmente a casa mia dopo 15 anni di attesa? Non è possibile! Ero certo che sarei dovuto andare a Milano e/o all’estero, e questa notizia inaspettata mi colse davvero alla sprovvista. Dopo pochi mesi furono annunciati gli Unisonic come gruppo spalla per le date Italiane. Kiske a Roma?????? Volevo andare all’Orion subito!
Passano i mesi e finalmente arriva il fatidico giorno. Vado all’Orion nel pomeriggio, conscio che, data la struttura del locale, non sarebbe stato possibile per gli headliner montare la tanto decantata scenografia dello Space Police World Tour, ma sicuro che lo spettacolo sarebbe comunque stato di alto livello.
All’apertura delle porte, puntuale alle 19.00, la gente in attesa è ancora abbastanza poca, fatto normale per Roma, dove la gente è abituata ad arrivare ai concerti con molta calma. L’attesa per la prima band della serata è abbastanza lunga, e si passa il tempo al banco del merchandising, ricchissimo di scelta per quanto riguarda le maglie, ma povero per tutto il resto, e bevendoci una (cara) birra.
STARCHILD
Puntuali alle 20 inizia la nuova “superband” tedesca, fondata dal cantante/chitarrista Sandro Giampietro, fresca della pubblicazione del primo omonimo e anonimo album. Dal vivo, l’act tedesco si avvale della partecipazione, oltre che del batterista dei Gamma Ray, Michael Ehré e del bassista dei Grave Digger, Jens Becker, anche del guitar hero Christian Munzer, già visto in azione con technical death metal bands, quali Spawn of Possession, Obscura e Necrophagist tra gli altri. Dal vivo tutta questa qualità sembra un po’ sprecata per canzoni un po’ piatte e derivative. Nella mezz’ora a disposizione l’opening band della serata scalda l’ancora non numerosa audience romana con una prova tecnicamente impeccabile. Sono 6 i brani proposti: un power metal molto classico senza infamia e senza lode, con una discreta presenza scenica dovuta alla grande esperienza internazionale degli artisti coinvolti.
UNISONIC
Il primo piatto forte della serata viene servito alle 20.45: Michael Kiske alla voce, Kai Hansen e Mandy Meyer alle chitarre, Dennis Ward al basso e Kosta Zafiriou. Il pubblico ha raggiunto un numero appena accettabile, intorno ai 400-500 partecipanti, ma è caldissimo. La preoccupazione per le condizioni di salute di Kiske sono alte, visto che 2 giorni prima della data romana, saltando sulle note dell’ultimo pezzo della serata, il singer tedesco si è procurato la rottura del legamento del ginocchio sinistro; Kiske, subito dopo aver preso posto al centro del piccolo palco, su uno sgabello, con la gamba stesa e protetta da un tutore, seppellisce le nostre preoccupazioni con una prova canora che già dai primi secondi dello show si dimostra sensazionale. Si comincia con il primo singolo tratto dal nuovo album Light of Dawn; si tratta di For the Kingdom, pezzo molto veloce dallo stile fortemente Helloweeniano, i suoni non sono ancora ottimali ma già risalta l’ugola cristallina del singer. Si continua con un altro estratto del nuovo disco, Exceptional, convincente anche in sede live, grazie a dei suoni che vanno migliorendo raggiungendo livelli decisamente buoni; il pubblico partecipa attivamente ed ogni momento di pausa è buono per gridare il nome dei propri beniamini, nello specifico, Kiske e Hansen vengono tributati dai cori più caldi e sentiti. Il cantante tedesco mostra una voce anche migliore di quella di 25 anni fa, con una timbrica sempre cristallina a cui si è andata aggiungere una grandissima esperienza e consapevolezza dei propri mezzi; inoltre anche tra un pezzo e l’altro si rivela un ottimo intrattenitore come quando, raccontando il proprio infortunio, afferma che fortunatamente non è un ballerino, bensì un cantante. Nei 50 minuti a loro disposizione (troppo pochi!), gli Unisonic presentano alcuni estratti del primo, omonimo album, come Star Rider e King for a Day, concentrandosi maggiormente sul nuovo nato, da cui vengono estratti la velocissima Your Time Has Come, When the Deeds is Done e Throne of the Dawn. Prima della chiusura c’è il tempo per proporre un classico dell’era Helloween, quella I Want Out, suonata e cantata in maniera magistrale che va a chiudere 50 minuti di fuoco; infatti la conclusiva Unisonic non viene suonata per motivi di tempo, anche a “causa” del calore del pubblico di Roma. Finito il concerto, un tecnico porta le stampelle a Kiske, che si alza e lascia il palco dell’Orion; speriamo in cuor nostro di rivederlo di nuovo e molto presto in veste da headliner.
setlist:
- Venite 2.0
- For the Kingdom
- Exceptional
- Star Rider
- Your Time Has Come
- When the Deed is Done
- King for a Day
- Kai Hansen Guitar Solo
- Throne of the Dawn
- I Want Out (Helloween cover)
EDGUY
La trepidante attesa per il quintetto di Fulda finisce dopo circa mezz’ora di cambio palco; una maestosa intro parlata annuncia l’arrivo dei nostri direttamente da un’altra galassia e si comincia con il singolo tratto dall’ultimo album, Love Tyger, dalle tinte fortementi hard rock, quasi glam. I suoni sono perfetti e la prova di Sammet appare fin da subito convincente. Il singer, abituato a palchi di ben altra dimensione, si trova a suo agio anche in un ambiente più intimo, correndo da una parte all’altra del palco e tenendo in pugno tutto il suo pubblico. Si prosegue con una delle due title track del nuovo album, la sognante Space Police, durante la quale Sammet ricorda ironicamente come non suonino a Roma da 28 anni (in realtà da 15). La canzone, una delle migliori del nuovo album, acquista ancora più tiro dal vivo ed è seguita da uno dei cavalli di battaglia della band, quella Babylon, che in Italia proprio non possono non eseguire e che prima dell’acuto finale è inframezzata da un accenno di The Trooper dei Maiden. Durante questo pezzo il pubblico si scatena in uno sfrenato mosh pit mostrando di apprezzare fortemente la prova dei nostri. Per presentare la seguente Superheroes, Sammet, in forma anche dal punto di vista dello humor oltre che da quello vocale, dedica questo pezzo a una persona speciale e molto sottovalutata: se stesso. Il calore del pubblico aumenta vertiginosamente quando, presentando il seguente pezzo Defenders of the Crown, un vero e proprio inno metal, il buon Tobias mostra ai lati del palco due microfoni, spiegando come la band ha deciso di registrare il concerto di Roma e che una futura pubblicazione dipenda esclusivamente da quanto attivo si riveli il pubblico; la canzone viene allungata permettendo al cantante di testare le doti vocali del pubblico, rimanendo decisamente soddisfatto. Sammet ci tiene a ricordare quanto fosse forte la loro curiosità per il concerto di Roma, e che, essendo probabilmente il concerto più piccolo di tutto il tour europeo, non avevano idea di cosa aspettarsi; aspettative completamente ripagate da una risposta canora del pubblico al di sopra di ogni attesa. La setlist comprende i classici della band, quali Vain Glory Opera e Ministry of Saints, subito dopo il classico assolo di batteria del buon Felix, accompagnato dalle note della Marcia Imperiale di Star Wars. Dopo la riproposizione di Ministry of Saints, il cantante chiede al pubblico 45 secondi per cambiarsi di abito, e si ripresenta subito dopo con una giacca rossa, copia di quella utilizzata dal cantante pop austriaco Falco negli anni ’80; viene riproposta infatti la cover di Rock Me Amadeus, fedele all’originale, e leggermente più convincente in sede live che in studio. E’ quindi il momento della ballad della serata e viene riproposta la bellissima Land of the Miracle, da “Theater of Salvation”, con l’audience che canta all’unisono con la band creando un’atmosfera da brividi. Il main set si conclude quindi dopo circa 80 minuti con un altro dei più grandi classici della band, Tears of a Mandrake, sulle note della quale, la band tedesca ci saluta ringraziandoci per la bellissima serata. Ovviamente non siamo ancora alla fine reale del concerto: i nostri rientrano acclamati dalla folla proponendo i classici di “Hellfire Club”: Lavatory Love Machine e King of Fools, uscendo di nuovo tra applausi di un pubblico con la pancia piena per la bella serata trascorsa. Da profondo conoscitore degli Edguy ho trovato la setlist molto compatta ma, ho risentito dell’assenza di un pezzo lungo più ragionato. Spettacolo veramente intenso e soddisfacente con una band davvero in ottima forma e un Sammet che non ha sbagliato una nota tirando fuori acuti davvero mostruosi, ma 90 minuti, inframmezzati da molte pause sono un pochino il minimo sindacale per una band come gli Edguy.
setlist:
- Love Tyger
- Space Police
- Babylon
- The Trooper (accenno, Iron Maiden cover)
- Superheroes
- Defenders of the Crown
- Vain Glory Opera
- Drum Solo
- Ministry of Saints
- Rock Me Amadeus (Falco cover)
- Land of the Miracle
- Tears of a Mandrake
- Lavatory Love Machine
- King of Fools
7 Ottobre 2014 – Trezzo sull’Adda (Milano), Live Club
Dopo aver preso il treno, la metro ed un bus, mi ritrovo davanti al Live Club di Trezzo sull’Adda, struttura di primissimo livello, che può competere con i più rinomati club del nord Europa; il clima di Milano è profondamente diverso rispetto a quello estivo e caldo del giorno prima a Roma, con un cielo grigio e pioggia, ma nonostante questo il pubblico del Nord Italia accorre molto numeroso sin dall’apertura dei cancelli, riempiendo per più della metà il capiente Live Club già prima dell’inizio degli Starchild.
STARCHILD
A differenza dell’Orion, il palco del Live Club è molto ampio e alto, permettendo l’utilizzo delle scenografie complete di tutti i gruppi. Il numeroso pubblico è già caldo per la band di apertura; setlist invariata rispetto al giorno precedente, e prestazione che ho trovato leggermente migliore rispetto a Roma con una maggiore interazione con il pubblico e la possibilità di utilizzare spazi più grandi sul palco. Da segnalare alcuni problemi di suono nel momento dell’esecuzione di un paio di assoli di chitarra per il cantante/chitarrista Giampietro, che suona non accorgendosi di non produrre alcun rumore.
UNISONIC
La sala si riempie in concomitanza dell’inizio degli Unisonic, la band più attesa della serata per molta gente, autori di una prova anche migliore della serata precedente. I suoni fin da subito sono potenti e puliti, ed anche in questo caso, la maggiore disponibilità di spazio sul palco permette ai chitarristi e al bassista più libertà di movimento e di interazione. La setlist è quella del giorno precedente con l’aggiunta di Unisonic sul finale; Kiske, sempre bloccato sulla sua sedia, domina la platea anche da fermo e fornisce una prova indiscutibilmente eccellente fornendo forse la migliore prestazione mai ascoltata da me sull’eterna I want Out (l’acuto ancora rimbomba nelle mie orecchie). Sembra di essere tornati a 25 anni fa e tutti siamo tornati un po’ più giovani.
Setlist:
- Venite 2.0
- For the Kingdom
- Exceptional
- Star Rider
- Your Time Has Come
- When the Deed is Done
- King for a Day
- Kai Hansen Guitar Solo
- Throne of the Dawn
- I Want Out (Helloween cover)
- Unisonic
EDGUY
Dopo mezz’ora per montare il palco, il Live club è ormai pieno e caldo quando i nostri entrano sul palco sulle note di Love Tyger. Sammet appare subito soddisfatto del calore del pubblico ed è scatenato, mostrandosi uno dei migliori frontman degli ultimi anni. A differenza della data di Roma, subito dopo viene suonata Out of Vogue, unica sorpresa di questo Space Police Tour, tratta dal meraviglioso “Rocket Ride”, e subito dopo è il turno dell’hard rock di Ministry of Saints. Le gag tra un pezzo e un altro sono più o meno le stesse, anche se ho trovato Sammet più ironico e pronto allo scherzo nella data precedente; annuncia come stiano registrando il concerto, chiedendo quindi al pubblico di essere il più rumoroso possibile durante Defenders of the Crown, un pezzo scritto per essere suonato live. I suoni sono davvero ottimi e l’interazione band pubblico è ai massimi livelli. Chiude la prima parte di concerto la sempre verde Vain Glory Opera a cui segue il simpatico drum solo di Felix, annunciato in pompa magna da Sammet in questo modo: “Ladies and Gentleman, on the drums….the drummer!” Il concerto continua con Space Police, quest’oggi in posizione differente rispetto alla setlist del giorno prima, ma sempre molto valida dal vivo; si conferma come uno dei migliori estratti del nuovo album. Essendo in Italia la band non può esimersi dal presentare Babylon, quest’oggi senza l’intermezzo di The Trooper prima dell’acuto finale. La prestazione vocale di Sammet è leggermente inferiore rispetto a quella della sera precedente, mentre i suoi compagni di squadra sono macchine da guerra collaudatissime. Il cambio abito del biondo singer è il preludio a Rock Me Amadeus, più apprezzata dal pubblico di quanto mi aspettassi, la ballad della serata, quella Land of the Miracle, cantata da tutti, e Tears of a Mandrake che chiude il main set. Durante la pausa, il pupazzone gigante raffigurante lo Space Police, si gonfia lungo un lato del Live Club e la band rientra presentandoci gli ultimi pezzi della serata, Lavatory Love Machine e King of Fools, sulle note della quale la band di Fulda si congeda ricordandoci di quanto loro amino l’Italia.
setlist:
- Love Tyger
- Out of Vogue
- Ministry of Saints
- Superheroes
- Defenders of the Crown
- Vain Glory Opera
- Drum Solo Imperial March (Darth Vader Theme)
- Space Police
- Babylon
- Rock Me Amadeus (Falco cover)
- Land of the Miracle
- Tears of a Mandrake
- Lavatory Love Machine
- King of Fools
Per concludere, ho avuto modo di assistere a due bellissime serate, molto diverse fra loro, ma entrambe soddisfacenti. I gruppi principali hanno mostrato di essere grandi professionisti, a loro agio sia in situazioni più intime che in quelle con un pubblico maggiore. E’ un peccato che il bacino d’utenza di una città come Roma sia così ristretto per questo tipo di concerti, e anche un po’ inspiegabile. In ogni modo, speriamo di non dover attendere altri 3 anni per rivedere gli Edguy in Italia e che gli Unisonic già la prossima primavera organizzino un meritato tour da headliner!
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