In un momento in cui i cosiddetti side project spuntano come funghi nel panorama metal mondiale, è all’ordine del giorno trovare realtà, come gli Eisblut, generate da costole di altre band più o meno famose. Ed è così che, tra superband che vengono e vanno, fa il proprio ingresso sul mercato, silenzioso proporzionalmente al credito dei proprio componenti, anche questo quintetto teutonico capitanato da Michael Roth (singer della black metal band degli Eisregen).
La proposta della band in questione è difficilmente catalogabile e, pur sottoposta ad ascolti ciclici e ripetuti, non riesce mai ad acquistare un’identità ben delineata. Le coordinate su cui si muove questo ‘Schlachtwerk’ sono quelle solcate dagli ultimi, decisamente migliori, connazionali Die Apokalyptischen Reiter. Una miscela di generi estremi quali death, black e grind rotti, incalzati e talvolta supportati da melodie che svariano dal folk all’heavy con un coefficiente ironico decisamente inferiore a quello che valorizza il lavoro dei colleghi sopra citati. Nel corso dei tredici brani è pressochè impossibile trovare un filo conduttore che contrassegni il disco rendendolo prescindibile da un ascolto iperstatico traccia per traccia. Il tentativo di dissociare l’ascoltatore colpendolo con ogni mezzo musicale a disposizione, per quanto possa risultare benefico al fine della varietà e della facile digeribilità del lavoro, è segno di alta indecisione e crisi d’intenti.
Il poco salutare passaggio dal grind di ‘Wenn der König stirbt’ alla malinconica semi-ballad ‘Silbersarg’, pur mostrando brani mai malvagi e sempre godibili, non riesce più ad impressionare o meravigliare in un contesto in cui, da questo punto di vista, tutto è stato detto e fatto. Augurandosi un assestamento nel sogwriting di Roth e soci, la Massacre consegna una release riservata a pochi, coraggiosi amanti del vario a tutti i costi.