Eldritch. Li avevamo lasciati nel 2001 con il discusso “Reverse”, album che fu subito battezzato come un episodio di frattura stilistica con lo style dei loro primi lavori. A distanza di tre anni dall’ultima release e dalle critiche che l’hanno accompagnata i toscani ritornano con l’ottimo “Portrait Of The Abyss Within”, album che segna la definitiva svolta verso sonorità moderne che denotano la nuova attitudine della band.
Nonostante gli avvicendamenti interni alla line-up (con l’arrivo al basso di Lisa Oliviero degli Icycore a scapito del pilastro Martin Khyn) il disco si mantiene sugli alti standard tecnici e stilistici di tradizione Eldritch farciti da quell’impatto sonoro di cui il suo predecessore deficitava in alcuni frangenti. Tutto ciò è garantito dal perfetto guitar work di Eugene Simone che è accompagnato (per la prima volta nella storia della band) da un secondo axe-man: Roberto Proietti. I due, sostenuti da un possente muro ritmico, ci regalano durante l’intera durata una fitta galleria di riff che svariano dal thrash ( nella scia di calssici come Annihilator e Coroner) temperato spesso e volentieri episodi più melodici e a tratti ipnotici che danno quel tocco di “new” che conferisce al lavoro un’ulteriore dose di orginalità. Tutto ciò senza mai perdere di vista le infuenze prog da sempre presenti nelle loro precedenti uscite.
All’ascolto la tracklist risulta scorrevole grazie anche al dinamismo di Holler & co. che tengono sempre viva l’attenzione di chi ascolta con efficaci variazioni di tempo e stile che, grazie all’abilità dei cinque non scadono mai nel superfluo o nel banale.
Si comincia con Muddy Clepsidra, atmosferica intro che fa dà apripista alla vera opener del disco: “Forbidden” (primo singolo estratto dall’album). Il brano traccia con precisione le coordinate dall’attuale “Eldritch style”: introduzione costruita su riff thrash più veloci e taglienti subito rotti dall’esordio di un Terence Holler in ottima forma che, supportato da armonie che costituiscono la vera novità dello style, ci accompagna fino alla fine del brano con un bel chorus che ha il pregio/difetto di risultare easy già al primo ascolto.
La successiva “The world apart” viaggia su ritmi più blandi e ci traghetta con tranquillità fino quello che è il capolavoro dell’album: “This Everlasting Mind Disease”. In questo caso la melodia è coadiuvata da un forte impatto ritmico e da tempi tessuti sulla tradizione prog. Un track-by-track sarebbe noioso per chi legge e limitativo nei confronti del resto dell’album che va a concludersi rimanendo su standard qualitativi di alto livello, continuando a regalare all’ascoltatore innovazioni stilistiche degne di nota e che danno un’ulteriore conferma della capacità degli Eldritch di evadere da stereoptipi precostituiti. Tra queste vanno citate in particolare gli enigmatici giri di chitarra in “See you down” ma soprattuto l’utilizzo di growl vocals in “Drowing” (un’assoluta novità per il sound della band).
Un lavoro ricco di classe che ha il solo difetto di non mantenere un impatto costante durante tutto lo scorrere della tracklist a causa di quella melodia insita nel DNA della band ma necessaria per rendere “Portrait Of The Abyss Within” un grande disco. Un disco che, senza dubbio, non entusiasmerà il pubblico close-minded ma che merita di essere ascoltato oggettivamente per ciò che è: ancora un ottimo album firmato Eldritch.