Band ormai navigata, dall’alto di una militanza ormai ultradecennale, il quartetto di San Francisco dà ora alle stampe il quinto album della propria carriera (senza contare ‘Time Lost’, del 1997, una sorta di ‘ibrido’ in bilico tra il passato e l’allora presente del gruppo, contenente composizioni più datate, benché risuonate e riarrangiate, e pezzi del tutto nuovi: un buon documento della prima rilevante transizione della loro storia). Il presente ‘Blink Of An Eye’ vede la luce, a due anni di distanza da ‘Juggling 9 Or Dropping 10’, a seguito di un periodo travagliato, che ha visto due split ravvicinati, entrambi amichevoli, anche se per motivi divergenti: prima il tastierista Mike “Benignus” Geimer ad inizio anno, e qualche mese dopo Paul Craddick, valentissimo batterista nonché testa pensante del combo, che ha dato vita anche al progetto Xen, in qualità di solista ma coadiuvato da altri membri degli stessi Enchant.
In che misura i suddetti rivolgimenti abbiano influito sulla attuale direzione sonora della band, non è facile dire: l’impronta del principale compositore, il chitarrista (e in questo lavoro, viste le recenti vicende, anche tastierista) Doug Ott, rimane ben netta, nella costruzione di linee melodiche e atmosfere che rimandano ora ai Marillion ora ai Rush. Allo stesso modo, la presenza del consueto (e sempre valido) Ted Leonard dietro il microfono non disorienta l’ascoltatore che già conosca la band. Non è tuttavia arduo constatare, da un lato, una maggiore attenzione per l’immediatezza delle linee melodiche e dei refrain, e, dall’altro, la ricerca di un impatto superiore mediante l’utilizzo di ritmiche cadenzate e a tratti decisamente groovy, quali già avevano fatto capolino a partire dal terzo disco, ‘Break’, e che ricordano alquanto da vicino soluzioni adottate dai Dream Theater del periodo Moore. Nonostante ciò, non è comunque assente una considerevole cura negli arrangiamenti (ciò che era stato un tratto saliente del penultimo lavoro), sotto forma di interessanti sovraincisioni di chitarra elettrica, di momenti acustici e di timbri tastieristici talora vintage, talaltra spiccatamente moderni. L’abilità strumentistica è quella di sempre, ma assente ne è – anche qui, come sempre – lo sfoggio, salvo che per brevissime sezioni solistiche.
Sostanziale perfezione formale dunque, ma, va detto, il disco scorre forse troppo monocorde e uniforme, senza veri acuti (a parte la buona opener e ‘Follow The Sun’, brano semiacustico, il cui testo è un’esortazione alla band a tenere duro nei momenti difficili). ‘Blink Of An Eye’ mi pare, in sintesi, un apprezzabile tentativo di coniugare le tendenze davvero heavy di ‘Break’ con la ricerca dell’efficacia delle melodie propria di ‘Juggling 9…’, riuscito però in modo soddisfacente solo per brevi tratti. Nulla di sensazionalmente nuovo c’è nella proposta degli Enchant, né rispetto alla loro stessa carriera né tantomeno in rapporto al panorama del metal (quasi per nulla realmente) progressivo; personalmente gradisco maggiormente il tocco malinconico (leggasi marillioniano) dei primi due album, con suggestioni di Rush e qualche sporadica concessione al metal prog di stampo Dream Theater, ma pur sempre fresco e sincero.
Ognuno tragga, da quanto sopra, le debite conclusioni.