Si chiamano End Of Everything, scozzesi, e sono l’ultima, ennesima, scoperta della sempre più positiva Casket/Copro, giovane etichetta che ha più volte dimostrato le proprie abilità di pescatrice di sconosciuti talenti.
Ciò che propongono i quattro dotati ragazzi in questo loro ‘Three’ è un hardcore impuro, privo di briglie ed eventuali ostruzioni di sorta. Il risultato sono dodici brani liberi, pregni di personalità ma che, cosa più importante, arrivano, comunicano e si fanno sentire sull’ascoltatore di turno. L’effetto è ottenuto attraverso un suono triste, cupo, espressivo che non si limita a vomitare addosso all’ascoltatore il solito senso d’insofferenza e protesta “urbana” ma sconfina in territori spesso estranei all’hardcore, più accostabili a trovate a cavallo tra industriale e angoscioso, proprie di un certo (“post”)metal moderno (si immagini uno scontro tra ultimi Neurosis, Misery Signals ed i Crisis più ordinari). Il sound è ricercato ma diretto, non perdendosi mai in break che smarriscano un’identità fondamentalmente radicata nell’anima newyorkese ma che, nonostante ciò, riesce a riservare sorprese lungo un percorso davvero godibile. Merito di ciò è da riconoscere ad un lavoro ritmico invidiabile per la sua istrionicità che riesce a donare, al contempo, pesantezza, fangosità ed un’identità marcata. A fare il resto ci pensano chitarre corpose, sottili melodie integrate dalla violenza del suono, serie di riff stretti rubati a quello che qualcuno ama chiamare cyber-thrash ed un approccio vocale piuttosto monolitico ma decisamente calzante per la proposta offerta. I corposi growls di Sid, infatti, appaiono come scolpiti nel materiale offerto di quattro musicisti che, al di là di ogni dettagli, riescono a regalare un disco pieno ed emozionante che non lascia nulla al caso e merita l’attenzione di tutti gli ascoltatori più “audaci”.