Il sottoscritto non è certo la persona più indicata a recensire il nuovo, attesissimo lavoro degli Epica. Con Mark Jansen ho avuto a che fare una sola volta e ho ammirato la band dal vivo giusto in due occasioni, riuscendo ad esaltarmi almeno in una circostanza. Men che meno, mai sono stato un completista della band olandese. Tutt’altro, ho sempre pensato che a Jansen e company mancasse ancora qualcosa per staccare definitivamente la concorrenza. Forse un pizzico di genialità, o la voglia di rischiare? Poco importa, questo mio distacco potrebbe essere un punto a favore per valutare con la dovuta misura un lavoro fra i più attesi dell’anno. “Design Your Universe” è senza alcun dubbio il disco che consoliderà definitivamente la popolarità degli Epica. Che qualcosa fosse cambiato nel gruppo lo si era notato al Summer Breeze della scorsa estate; quella fantastica esibizione faceva pensare che tutte le energie positive si concentrassero felicemente su “Design Your Universe” e così è stato. Gli Epica portano avanti il discorso sinfonico intrapreso con i dischi precedenti senza snaturarsi ma apportando al proprio sound i dovuti aggiustamenti. Mai come in questo caso la parola “maturità”, abusatissima, calza a pennello. Smussate a dovere le parti orchestrali, via i momenti di noia che spesso facevano capolino, il tiro della band si sposta su un songwriting più asciutto e ficcante dominato dal massiccio guitar working del nuovo innesto Isaac Delahaye; teoricamente potremmo discutere all’infinito sugli arrangiamenti e le sfumature stilistiche del disco, ma quello che colpisce sin dal primo ascolto è, banalmente, il cuore di questa band. I tredici minuti di “Kingdom Of Heaven” e i nove della title track sono una mirabile dimostrazione del livello tecnico raggiunto dai nostri ma non devono trarre in inganno; gli Epica sono in grado di comporre pezzi ben strutturati e dal forte sapore anthemico come “Unleashed”, “Burn To a Cinder” o la drammatica “Deconstruct”. Come se non bastasse la band ha personalità da vendere e non esita a tirarla fuori almeno in due occasioni: in “Martyr Of The Free Word” suggestioni etniche si fondono con serratissimi riffing di stampo thrash e l’effetto è tutt’altro che pacchiano; la ballad “Tides Of Time” invece sembra quasi uscire dalla penna di un Ennio Morricone e dai suoi film, avvolta com’è in un un tappeto sonoro maestoso ed evocativo. Altrettanto memorabile è l’assolo di coda, magistralmente eseguito da un Isaac Delahaye perfettamente a suo agio al fianco di Mark Jansen.
Il sigillo del disco si chiama “White Waters”, ovvero il pezzo da tramandare ai posteri che fonde le anime di due fra i gruppi più rappresentativi di ultima generazione, gli Epica e quei Sonata Arctica rappresentati dal loro lider maxìmo Tony Kakko in un duetto mozzafiato di grande originalità.
Non devono trarre in inganno neanche le consuete incursioni growl, che potrebbero essere sfruttate assai meglio, o il rischio di già sentito che si concretizza in qua e là (“Our Destiny” rimanda non poco alla celeberrima “Cry For The Moon”), questo è un disco di power metal sinfonico della miglior specie sorretto dall’enorme personalità di Simone Simons e da una band che vive un momento di forma davvero invidiabile. Lavoro meno ostico di quel che sembra, “Design Your Universe” è per gli Epica il disco della consacrazione, quello che li lancia ai piani alti del panorama metal odierno e che convincerà anche i più scettici circa il reale valore di questa band.