La gestazione degli Eversin è stata lunga e forse sofferta. Chiuso il capitolo Fvoco Fatvo Ferrante, Nicastro e Lo Pilato rinascono a nuova vita con questo nuovo gruppo.
Lasciano alle spalle brani di matrice prog, Pink Floyd e Dream Theater su tutti per inspessire e incattivire il loro suono. A tal scopo devono aver ascoltato pesantamente Nevermore, Symphony X, Megadeth ecc arriavndo quindi ad un suono marcatamente thrash, ma non perdendo la caratteristica prog che li ha sempre contraddistinti. Inoltre fanno un ampio uso di suoni futuristici rendendo la musica molto particolare dandogli una sorta di effetto cyber-metal, se vogliamo trovare un termine per descriverla. E’ proprio a film fantascientifici tipo Johnny Mnemonic, Blade Runner, e via discorrendo, che ho pensato ascoltando Divina Distopia. Una sorta di viaggio in un futuro in cui regni il caos ma in cui c’è sempre una luce di speranza per l’umanità.
Qualche sbavatura si riscontra di tanto in tanto, d’altronde è pur sempre un debutto; la produzione è decisamente cupa quasi a voler sottolineare l’effetto catastrofico di un mondo futuristico, la perizia tecnica dei musicisti è palesemente indiscutibile: non troviamo grossi quantitativi di assoli, tutto è incentrato sulla potenza e sulla melodia. Valido come sempre il cantato di Ferrante, nonostante la pronuncia debba essere migliorata, il che renderebbe ancora più efficace la musicalità.
Divina Distopia ha il pregio-difetto di essere estremamente corto, nemmeno quaranta minuti totali: a secondo dei punti di vista un album complesso e pesante potrebbe essere o troppo lungo o troppo corto. Concludendo la reincarnazione dei tre ex Fvoco Fatvo è assolutamente ben riuscita. Certo è il primo lavoro, ma la direzione è proprio quella giusta.