Bella sorpresa questo demo! Alla fine della recensione di “The Queensryche tribute” avevo incoraggiato la band a comporre qualcosa di proprio e, quasi in risposta, ho ricevuto questo demo di Fabio Lentola, mente principale dietro agli Anarchy-x (nonche’ amico personale, ma questo non ha nulla a che fare con la recensione positiva, anche se andava detto). “Echoes from mind” (lavoro gia’ maturo e di notevole caratura) e’ una suite in 6 parti destinata a finire nel concept album a cui Fabio sta lavorando (questo cd serve infatti a “sondare il terreno”, citando il flyer). Va detto che quando ho visto che il supporto argenteo recapitatomi conteneva una suite totalmente strumentale di quasi 18 minuti (per di piu’ definita “progressive metal”) ho inizialmente storto un po’ il naso, tuttavia poi sono rimasto stupito dalla qualita’ del lavoro. Di solito non mi piace il prog perche’ lo trovo freddo, pura tecnica senza emozione (io non suono strumenti e nella musica cio’ che mi interessa non e’ la tecnica, ma soltanto la “sensibilita'”), a parte alcuni gruppi che invece apprezzo molto come i Pain of Salvation (ma forse questo demo ricorda di piu’ i Fates Warning, pur restando originale). Lo diro’ subito: Fabio fa parte di questa seconda categoria! Lo svolgersi del disco e’ infatti intenso ed emozionale, la tecnica e’ al servizio del sentimento e la mancanza di voci non e’ un male, anzi, probabilmente un cantato avrebbe guastato le bellissime atmosfere di questa lunga suite! Ma parliamo un po’ piu’ specificatamente del lavoro (e, come si sara’ intuito, non parlero’ di tecnica, non ne sarei nemmeno competente, ma solo delle emozioni che scaturiscono con l’ascolto)… Il disco si apre con il rumore del mare e dei gabbiani (forse una citazione a quei Queensryche che tanto Fabio ama, che hanno inserito in “Promised Land” il rumore di un uomo che porta del cibo ai gabbiani) sui quali si stagliano dopo un po’ dei synth bellissimi e molto evocativi, capaci di far pensare ad un cielo vasto ed azzurro. Poi subentra un basso, le atmosfere diventano piu’ epiche, fino alla comparsa di un organo dal sapore antico e di una chitarra che quasi “geme”. Lo svolgersi fa pensare ad un qualche grande evento che e’ passato ed ha lasciato il segno, ascoltando il pezzo nella mia mente si e’ stagliata piu’ e piu’ volte l’immagine di un uomo in piedi su una spiaggia deserta, un uomo che ha un’espressione matura e triste sul volto, un uomo che e’ cresciuto ma che ha pagato per questo. La durata di questa prima parte scorre veloce ed emoziona molto, poi le atmosfere cambiano e si passa al secondo movimento. Una vena di inquietudine si impossessa delle atmosfere e il brano prende una piega piu’ tipicamente prog (ed infatti l'”emozionalita'” un po’ cala), pur rimanendo comunque permeato da un “influsso inquieto”, influsso che sfocia nella terza parte della suite, la piu’ breve, caratterizzata da dei gemiti chitarristici e dal ritorno dell’inquietudine che prima faceva capolino, portata in evidenza dal basso. Quando poi il frastuono si calma, ecco la sorpresa: il quarto movimento inizia con un’effettistica elettronica che potrebbe provenire benissimo da “100th window” dei Massive Attack. L’atmosfera diventa irreale, un paesaggio sonico freddo ed onirico si staglia di fronte all’ascoltatore come un deserto vuoto, nel quale poi appaiono delle chitarre acustiche molto malinconiche che richiamano l’intreccio chitarristico di “Waiting for 22” (e i ‘ryche tornano a farsi sentire…), intreccio che verra’ sviluppato nella quinta parte. Ci avviciniamo alla fine della suite, e questo quinto momento sembra un po’ tirare le fila del tutto, riprendendo le atmosfere iniziali e filtrandole attraverso quelle dei brani successivi, col risultato di diventare ancora piu’ intenso di tutto il resto del lavoro. Poi il tutto sembra addolcirsi un po’… L’esperienza, l’inquietudine, il dolore e la crescita si fondono in un qualcosa di superiore, un qualcosa di positivo che nasce a meta’ del quinto movimento e viene poi trasformato nella sesta e conclusiva parte. Qua la positivita’ viene incanalata nella nostalgia ed un emozionante arpeggio, malinconico e dolce allo stesso tempo, ancora positivo ma piu’ malinconico di prima, ci saluta abbassandosi sempre di piu’ di volume, fino a lasciare spazio solamente alle onde del mare che avevano aperto il tutto, quasi a chiusura di un ciclo… Un gran bel lavoro davvero questo “Echoes from mind”, prodotto tra l’altro ottimamente dallo stesso Fabio. Spero che qualche etichetta mostri un po’ di interesse per la musica in questione, interesse pienamente meritato. Che altro dire ? Questo e’ semplicemente il miglior demo sentito finora in questo 2003 e penso che Mauro, lo scomparso fratello di Fabio a cui e’ dedicato il lavoro, sorrida felice dal luogo in cui si trova ora…