Qualcosa di già ascoltato miliardi di volte: accusa facile ed abusata, forse inappropriata nel giudizio di una band dall’operato ventennale ma che, una volta subito ‘Structures Of Death’, si muove spontanea e naturale. Come già fatto nelle ultime e non memorabili uscite, infatti, ancora una volta i Fleshcrawl si lanciano in una passiva maratona di rassegna dei clichè del death metal di stampo svedese. Massimo rispetto per la passione, per la coerenza alla propria storia e per tutto ciò che fa retorica da metallaro duro e puro ma, letti con onestà, i quaranta minuti di ‘Structures Of Death’ sono nient’altro che leggere ed impalpabili chiacchiere musicali preconfezionate. Niente sussulti, zero personalità, monotonia a grappoli. La formula è, neanche a dirlo, quella che aveva caratterizzato il precedente ‘Made Of Flesh’: prendere, far propri e rilanciare ritmiche, vocalizzi e strutture utilizzati meglio, anni fa da band come Carnage e Dismember. E poco importa se la tecnica è buona, la produzione è ottima e se l’aggressività sprigionata si misura a quintali, perchè qui manca la materia prima per godere di un disco piacevole e caratterizzato da un senso. Nessuno si aspettava virate, sorprese o deviazioni sul tema ma quando le foglie non galleggiano più, occorrerebbero furbizia ed onestà nel comprendere che l’acqua è finita. Un prodotto sciatto ed anonimo, che scongiura ogni ricorso a spese per accaparrarsi l’ennesimo clone in copia carbone farcito da sfrontatezza, esperienza e rigido oltranzismo. Per chi di tutto ciò si accontenta.