I parmigiani From The Depth si raccontano in una intervista dopo il fortunato tour come gruppo spalla dei Rhapsody, ecco le parole di Raffaele “Raffo” Albanese:
Da quanto tempo siete insieme come band?
I From The Depth si sono formati nel novembre del 2008 ed avevamo una formazione diversa rispetto ad ora.
Nella line-up iniziale era presente una seconda chitarra e un batterista differente. Prima di registrare la nostra prima demo, abbiamo raggiunto la nostra forma definitiva.
Quando avete iniziato a capire che avevate un grande potenziale per poter finalmente, portare qualcosa di nuovo nel power e prima suonavate un genere diverso?
Non abbiamo l’arroganza di dire che stiamo portando qualcosa di nuovo nel genere, oggettivamente non sta a noi dirlo. La cosa che posso dire con sicurezza è che a differenza di molte band che si formano in base alla moda del momento, noi From The Depth ci siamo formati in un periodo di profonda crisi per il power, ma nessuno di noi ha mai avuto dubbio sul genere, perchè lo amiamo, perchè è quello che vogliamo fare, ed è quello che faremo a vita. Penso che questa passione possa fare la differenza, sia a livello compositivo che umano. Le persone si rendono conto quando le cose vengono fatte col cuore.
Chi scrive i brani e chi compone le musiche?
I brani sono frutto di una grande collaborazione all’interno del gruppo. Ognuno di noi mette il suo in ogni canzone e questo credo sia uno dei nostri punti di forza. Principalmente i brani sono scritti da me e il tastierista Davide Castro, con alcune eccezioni come “The Will To Be The Flame” di Alessandro Cattani e “You Just Have To Fly” di Cristiano Battini.
Comè nata la collaborazione con i Rhapsody?
E’ stata una cosa strana che non necessita di troppi dettagli. Diciamo che a dicembre abbiamo ricevuto una chiamata a cui non abbiamo potuto dire di no!
Vista la vostra crescita improvvisa grazie ai fans, siete arrivati al punto di seguire i Rhapsody nel loro tour all’estero, come avete reagito, quali sono state le vostre emozioni nel sapere che avreste fatto da gruppo spalla per questa band importante?
Eravamo consapevoli che si trattava di un’occasione unica che non potevamo perdere. Lo stress e il peso della responsabilità in alcuni momenti ci ha quasi oppresso ma allo stesso tempo camminavamo a testa alta, fieri di quello che avremmo fatto a breve. Situazioni del genere sono un’arma a doppio taglio, perchè creano ammirazione da parte di alcune persone e astio da parte di altre. In ogni situazione c’è sempre il rovescio della medaglia, ma per quel che mi riguarda è stata un’esperienza fantastica.
E’ stato impegnativo riuscire a produrre un buon disco, quali sono state le vostre difficoltà se ne avete incontrate?
L’inesperienza è il problema più grosso di una band. Certe persone pensano che fare un album sia una passeggiata. Ma non è così! Decidere l’impronta, il suono di un album è una delle cose più difficili in assoluto. Non sei mai sicuro se scegliere cosa piace a te stesso o cosa potrebbe piacere al pubblico o alla critica.
Alla fine abbiamo optato per la stessa scelta che abbiamo fatto per la composizione dei pezzi, ossia abbiamo fatto quello che ci piaceva di più, e ne siamo soddisfatti.
Cosa ne pensate di chi scarica la musica via internet adesso che cè la crisi e pochi si possono permettere di comprare il disco originale?
Comprare un album ora come ora è un lusso di pochi, ma l’errore che spesso in molti fanno è quello di sentirsi in diritto di farlo senza criterio. Per me il download deve essere vissuto come una sorta di prestito. Se l’album ti piace, quando avrai il danaro lo comprerai, altrimenti lo si può cancellare dal proprio hard disk, no? E’ più una questione morale che altro. La vita del musicista ormai è diventata troppo dura, non ci sono soldi per fa nulla. Invito le persone a pensare che ogni album comprato fa in modo che l’artista che si sta ascoltando abbia la possibilità di crescere, anche se sarebbe meglio dire sopravvivere.
Di cosa parlano i testi del vostro disco?
I nostri testi parlano di noi, delle nostre esperienze. La vita lascia dei segni e i nostri sono raccontati in quelle canzoni. Non sempre sono espressi in forma molto chiara, così da lasciare spazio all’interpretazione e fare in modo che l’ascoltatore possa immedesimarsi. Escluse un paio di canzoni, i testi di questo album sono stati scritti principalmente dal nostro bassista, Alessandro Karabelas.
Avete in progetto un altro disco?
Ovviamente si. Stiamo già lavorando sui pezzi nuovi e devo dire che siamo a buon punto. Per quel che riguarda l’etichetta e la data di uscita precisa ancora non sappiamo nulla ma il nostro obbiettivo è di entrare in studio a Dicembre.
Che cosa ne pensate del futuro delle band emergenti?
Le band devono darsi da fare. Stiamo passando un momento di grande pigrizia. I gruppi nascono e non si creano un percorso, non si danno obbiettivi seri, non entrano nell’ottica della vita del musicista underground. Questo tipo di vita è fatta di sacrifici, porte sbattute in faccia, invidie e delusioni. Se non si hanno le palle per affrontare queste cose è meglio lasciare perdere. E’ una sfida. Bisogna svegliare le persone da questo torpore.
Volete lasciare un messaggio ai fans?
Ringraziamo tutti quelli che ci sono stati vicini e che stanno credendo in noi. Ci tengo a ricordare un importante appuntamento a cui parteciperemo; sabato 5 maggio al Live Club di Trezzo sull’Adda ci sarà il Metalitalia Fest. E’ inutile dire che avremo bisogno del vostro sostegno. Rock on!