Il fulmine è quello che ti fa spaventare, ma che al contempo attrae con la sua totale bellezza e per la luce sprigionata in un cielo solitamente buio e tempestoso. Il fulmine è un fenomeno terribile, in quanto portatore di distruzione e talvolta di morte, ma proprio per questo estremamente affascinante per la sua violenza e la rarità con cui si riesce a coglierlo appieno. Caratterizzato da una forma sempre diversa, esso si presenta come perfetta metafora per qualunque cosa sia pericoloso, ma al contempo tremendamente bello.
Questa allegoria è alla base della nuova collana pubblicata da Tsunami Edizioni e che vede protagonisti tre dischi che hanno, all’epoca, letteralmente squarciato il cielo e che sono entrati di diritto nella storia non solo del metal, ma della musica tutta. Kill ‘Em All, Rust In Peace e Dr. Feelgood (rispettivamente a firma Metallica, Megadeth e Motley Crue) sono lavori che hanno, a loro modo, segnato un’epoca ed i tre autori di questi volumetti hanno deciso di analizzare fino in fondo il contesto in cui tali release sono uscite ed anche di entrare nel merito delle stesse.
Andrea Valentini – Kill ‘Em All
Il primo libro della collana è dedicato all’esordio dei Metallica, quell’acerbo Kill ‘Em All che, nel 1983, portò una ventata di violenza a coloro i quali non ne avevano ancora ricevuta abbastanza dai Venom di Black Metal e Welcome To Hell. L’approccio più chirurgico e tagliente rispetto al trio inglese, però, fa guadagnare ai quattro di San Francisco una schiera di fan che li elogiano per l’approccio punk e per la schiettezza rigorosamente in-your-face del metal. Zero fronzoli ed orpelli, quelle contenute nei 51 minuti e 20 secondi sono note messe una di fila all’altra ad una velocità mai sperimentata fino ad allora e con un impatto letteralmente devastante.
L’autore Andrea Valentini parte analizzando gli eventi immediatamente precedenti l’entrata in studio ed alla pubblicazione del disco, con tanto di elenco ed esame dei demo pre-Kill ‘Em All. Oltre a questo sono presenti le contestualizzazioni liriche di tutti i pezzi del disco e diverse interviste ad illustri rappresentanti della stampa italiana di settore (Gianni Della Cioppa, Francesco “Fuzz Fuzz” Pascoletti, Stefano “Steven Rich” Ricetti e Beppe Riva) i quali contribuiscono a fornire anche un quadro di come l’album fu accolto dalle nostre parti.
Lo stile narrativo di Valentini è quello di un competente critico musicale, il quale si addentra nei meandri di un disco molto complicato da analizzare, più che per il contenuto in sé, per le implicazioni che ha avuto su una scena come quella del thrash metal. Interessanti anche i riferimenti a Dave Mustaine, autore di molti dei brani presenti su Kill ‘Em All e licenziato, come tutti saprete, poco tempo prima dell’ingresso in studio.
In sostanza, un libro che contribuisce a far comprendere ancora di più ciò che accadde quasi trent’anni fa in casa Metallica e che farà la gioia dei moltissimi fan del quartetto.
Angelo Mora – Rust In Peace
Legato da un sottile filo a quello dei Metallica, il destino dei Megadeth è sempre stato segnato dal loro padre/padrone Dave Mustaine, uno che non le ha mai mandate a dire e che ha vissuto un’esistenza da sempre contrassegnata da eccessi di ogni tipo, compresi quelli caratteriali. Nel 1990, forte di una lineup da urlo che comprendeva, oltre all’ex-Metallica, anche Dave Ellefson al basso, Marty Friedman alla chitarra e Nick Menza alla batteria, la megamorte da alle stampe un lavoro destinato a lasciare decisamente il segno in un’epoca non ancora toccata dall’uragano grunge.
In questo senso Angelo Mora fornisce un quadro esauriente ed esaustivo del contesto storico antecedente la registrazione e la pubblicazione di Rust In Peace, dando spazio soprattutto alle audizioni per trovare nuovi membri del gruppo (storici i nomi di Dimebag Darrell, futuro Pantera, Jeff Waters, futuro Annihilator, e Jeff Loomis, futuro Nevermore, a cui furono fatti i provini per il posto vagante di chitarrista).
Ma Rust In Peace ha anche un impianto lirico non da poco, essendo un disco fortemente politicizzato a partire dalla copertina firmata da Ed Repka, storico illustratore che prestò i suoi lavori a moltissime thrash metal band e che diede i natali alla mascotte dei Megadeth, Vic Rattlehead. Mora racconta, quindi, anche i contenuti dei testi e gli annessi videoclip, come quello della famosissima Hangar 18, oltre che arrivare fino al presente con i commenti sul tour dei Big Four che vede coinvolti, oltre ai Megadeth, Metallica, Slayer ed Anthrax. Grazie al contributo dei diretti interessati, cioè Dave Mustaine e Dave Ellefson, intervistati nel 2010 dall’autore, il tutto assume contorni decisamente professionali per un libro dalla lunghezza contenuta, ma dalle argomentazioni più che convincenti.
Filippo Pagani – Dr. Feelgood
Ed eccoci giunti all’ultimo volume della collana dei Fulmini, quel Dr. Feelgood che segnò l’apice della carriera dei Motley Crue ed una temporanea fuga dal tunnel della droga. Lo stile di scrittura di Filippo Pagani differisce abbastanza rispetto a quello dei suoi due colleghi, facendosi meno analitico e più descrittivo/narrativo, quindi decisamente più scorrevole, ma vengono comunque analizzati tutti gli aspetti che portarono alla creazione di un’opera che sbancò le classifiche di tutto il mondo da parte di quattro ragazzi che, chi più chi meno, altro non erano che degli sbandati. Nel caso dei Crue, fatta eccezione per lo schivo chitarrista Mick Mars, vale la sacra triade che vede protagonisti sesso, droga e rock’n’roll, non necessariamente in quest’ordine. Tra feste selvagge, abusi di ogni tipo di sostanza e show al fulmicotone, il quartetto venne invitato (per non dire costretto) a darsi una ripulita proprio in occasione delle registrazioni di Dr. Feelgood. Ne venne fuori un disco epocale, degno successore di quel Girls, Girls, Girls che sancì il manifesto di una generazione di glamster in tutto il mondo.
Pagani racconta con piglio sentito tutti i particolari e le sensazioni dei protagonisti in un continuum temporale decisamente ben costruito, nonché condito da succosi aneddoti e curiosità. Possiamo dire che l’occhio esterno di un addetto ai lavori possa effettivamente dare un aspetto più critico e distaccato al tutto rispetto alla sontuosa autobiografia del gruppo The Dirt, quindi lo scopo di questo libro non è certo quello di surrogato ad un volume già esistente, ma si tratta di una lettura piacevole e disimpegnata che ha il pregio di accompagnare il lettore nei meandri di un capolavoro senza tempo.
Tra i tre tascabili di questa collana, probabilmente si tratta del più riuscito, nonché del più fruibile per quelli che non si ritengono solo ed esclusivamente completisti delle band analizzate.
Concludendo, l’idea della Tsunami Edizioni di dar vita ad una collana come quella dei Fulmini è decisamente apprezzabile, soprattutto visti i risultati conseguiti. Attendiamo ora di aver a che fare con altri capolavori (più o meno noti) che hanno reso grande il metal in tutte le sue forme e sfaccettature.