Gary Hughes, ovvero uno degli artisti più affascinanti (in senso musicale) e talentuosi dell’intera scena internazionale, da anni impegnato con i monumentali Ten ed ora pronto a promuovere il suo nuovo capolavoro solista, “Veritas”.
Dopo “Precious Ones”, in effetti, Gary torna a produrre qualcosa a suo nome dopo parecchio tempo, libero momentaneamente dagli obblighi contrattuali con i Ten e dalle mille collaborazioni che lo hanno impegnato in varie rock opera ed al fianco di veri e propri maestri del settore melodico come Bob Catley.
Il pregio maggiore di questo lavoro, innanzi tutto, è quello di estrapolare in maniera naturale quanto di buono fatto in passato sia con la propria band madre che con il precedente “Precious Ones”, andando a racchiudere del materiale sonoro molto raffinato e melodico. Gli arrangiamenti di “Emmerald Sea” o della splendida “Syncronicity”, ad esempio, rispecchiano un modo autentico e profondo di concepire (e vivere) la musica, ancorati a dei livelli qualitativi ed interpretativi assolutamente da brividi. Non si può rimanere indifferenti dinanzi ad un lavoro così sinuoso ed avvolgente, ogni episodio ricorda al proprio ascoltatore che il mondo musicale di Gary Hughes si caratterizza solo ed esclusivamente per la qualità intrinseca delle sue produzioni e delle sue performance al microfono. Ogni singolo tassello dona a questo “Veritas” una sfaccettatura tutta nuova e delicata, ancorando il tutto ad un caleidoscopio di emozioni memorabili. Imprescindibili, come sempre, Hughes e le sue corde vocali ma anche il giovane chitarrista Chris Francis (che ormai fa coppia fissa con Gary anche al di fuori dai Ten) e gli altri musicisti intervenuti, uno più bravo dell’altro.
Un viaggio sonoro che ci accompagna per circa un’ora e che ci svela la sua parte migliore dopo qualche ascolto smaliziato, atto a smascherare tutte le peculiarità di fondo di questo piccolo grande album contemporaneo.