Aspettavo da molto il cd solista di Tate, sono infatti un grandissimo fan dei Queensryche, e devo ammettere che giudicare quest’album e’ per me molto difficile…
Come reagire infatti di fronte al lavoro di uno dei propri artisti preferiti che si e’ rivelato deludentissimo ai primi ascolti (inizialmente pensavo di stroncarlo senza nessuna pieta’), per poi rivelarsi piu’ apprezzabile col passare del tempo (senza pero’ convincere mai del tutto)? Bisogna prima porsi nell’ottica giusta…
E’ bene precisare fin da ora che Tate solista non ha nulla a che spartire con i ‘ryche (nonostante essi abbiano fatto album diversissimi l’uno dall’altro), e questo bisogna stamparselo chiaramente in testa per poter apprezzare il lavoro solista di Geoff. Quello che sentirete qua infatti va molto a braccetto col pop, ed inoltre il nostro prediletto si e’ divertito a flirtare parecchio con l’elettronica ed ha lasciato da parte gli acuti (ma questo non e’ necessariamente un male).
Le undici canzoni spaziano tra diversi generi, dalla dance di classe di “Helpless” (che inizialmente mi provocava l’orticaria, ma ora non mi dispiace) all’elettronica di “Flood”, dalle atmosfere soft di “This Moment” ai ritmi piu’ movimentati di “Off the TV”. Tanta varieta’ ha pero’ un denominatore comune che lega tutti i pezzi dell’album, e questo denominatore e’ l’essere tutti dei pezzi “da sottofondo”. Tali parole cosi’ poco chiare significano semplicemente che, per quanto mi sia impegnato, non sono riuscito ad ascoltare attentamente il cd. Dopo un po’ l’attenzione viene infatti distolta irresistibilmente, e l’ascolto passa in secondo piano. Certo, a volte questa puo’ anche essere una cosa buona (capita di aver voglia di una base musicale quasi subliminale che si faccia strada nel nostro inconscio senza violenza), e in alcune situazioni questa puo’ anche essere una dote (per esempio le atmosfere soft di “This Moment” vanno benissimo come base musicale mentre si e’ in dolce compagnia), pero’ in generale per me e’ un grosso difetto, indice di poca presa (e questa e’ necessaria perche’ un lavoro duri nel tempo e si elevi rispetto agli altri, la sua mancanza vuol dire che non vengo toccato in profondita’)…
Per il resto c’e’ da dire che l’interpretazione di Tate e’ emozionale come al solito (seppur Geoff si esprima in maniera diversa rispetto al passato), mentre i testi sono decisamente inferiori a quelli dei ‘ryche.
Insomma, globalmente ci troviamo di fronte ad un lavoro di non immediata comprensione (e questo e’ davvero strano, vista la sua attitudine pop-eggiante, ma la classe di Tate rende tutto piu’ raffinato e meno easy listening) che ha delle buone idee e dei buoni pezzi (come “In other words”, brano molto emotivo), ma che ha anche dei momenti di stanca notevoli (tipo “A passenger”). Capiamoci, il disco in questione non merita affatto di essere cestinato, pero’ non e’ nemmeno un lavoro del tutto riuscito. Inoltre il fatto che sul cd ci sia scritto “Geoff Tate” mi impone di giudicare ancora piu’ severamente, per cui se apprezzate questo cantante magari dategli un ascolto, ma io vi consiglio di non tuffarvi sul cd alla cieca,ed e’ un consiglio che mi spiace molto dare.