A breve distanza dall’uscita del nuovo album dei suoi Sinner, Mat Sinner rispolvera gli Shiva, band che affonda le sue radici nei lontani anni settanta e torna sul mercato assieme ad Armin Sabol (co-fondatore degli Shiva assieme a Mat) e a Martin Schmidt, ex batterista degli Atrocity. Nonostante il cambio del moniker in Goddess Shiva, l’intenzione dei tre musicisti è proprio quella di ricreare atmosfere tipicamente settantiane e attraverso ogni singola canzone del cd traspare l’amore verso il blues e il southern con un occhio di riguardo verso la proposta musicale dei Thin Lizzy.
Il risultato tuttavia non è certo dei più entusiasmanti e forse l’unico pezzo che riesce a salvarsi, anticipato dal breve blues di “Gone with the dough”, è la sola “Barefoot and naked” che fonde assieme atmosfere “hendrixiane” con l’eleganza tipica del southern. I restanti pezzi scorrono via con una lentezza esasperante, non ci sono ritornelli degni di nota e anche le melodie si rivelano parecchio pacchiane e prive di quella vivacità che generalmente caratterizza i brani targati Mat Sinner. Non tutto è da buttare via ovviamente e troviamo qualche spunto interessante con “Walking on thorns” dal sapore tipicamente “lizzyano” e con “Heat of the night” che perlomeno dimostra di avere una linea melodica quantomeno accattivante, mentre assolutamente da evitare sono l’arabeggiante “Ali baba” e la seguente “Hold on” del tutto scialba e priva d’idee.
Insomma, un album piuttosto triste e piatto. “Sabol, Sinner, Schimdt”, questo il titolo del disco, si dimostra vuoto, povero inventiva, di chorus e di riff accattivanti. Non basta qualche brano quasi azzeccato qua e là per salvare un platter che lascerà l’amaro in bocca a parecchia gente soprattutto a quelli che amano Mat Sinner e il suo modo di comporre che in quest’album non riesce a raggiungere nemmeno la sufficienza.