Esistono gruppi nella scena metal mondiale che pur sfornando buoni lavori restano persi nell’oblio ed a stento riescono a trovare una label che gli pubblichi un album. Gli Hangar, per fortuna o purtroppo, fanno parte di questa particolare élite, che porta come diretta conseguenza la scarsa notorietà fra le file dei metal-kids. Spero di riuscire con questa recensione a modificare almeno in parte lo stato delle cose.
Il combo brasiliano ci offre in queste 12 tracce una miscela di sonorità classiche e power, con l’aggiunta di qualche passaggio molto tecnico e qualche battuta in controtempo che troppo spesso viene erroneamente definito come “prog metal”. Il risultato è un mix piacevole all’ascolto, con alcuni brani come la title track Inside Your Soul che ti colpiscono fin dal primo ascolto, ed altri come Sailing the Sea of Sorrow che invece necessitano di qualche ascolto in più per farsi strada nelle orecchie dell’ascoltatore. Il sound in certi punti ricorda la disarmante freschezza degli Heaven’s Gate, il gruppo di Sascha Paeth, famoso più che altro per essere il “patron” dei nostrani Rhapsody. In altri frangenti invece il suono si fa prettamente helloweniano, specialmente nel gusto melodico degli assoli. Infine non è difficile trovare anche riff e passaggi più rocciosi e massicci, in cui la melodia si fa da parte per lasciare posto alle distorsioni delle chitarre e all’incedere maestoso della sezione ritmica. Cade a pennello in questa definizione No Command, nella quale a tratti sembra quasi di sentire sonorità tipiche degli Anthrax e di certo thrash anni ’80 in generale. Questo aspetto, in contrapposizione all’uso di qualche effetto elettronico e qualche filtro sulla voce in altre tracce, contribuisce notevolmente a rendere più personale il mix sonoro degli Hangar.
Tornando a parlare di sezione ritmica è d’obbligo segnalare che il batterista Aquiles Priester è poi entrato nella nuova line-up degli Angra (quelli da “Rebirth” in poi, per intenderci). “Inside your soul” risale infatti alla metà del 2001, ma gli Hangar hanno trovato poi pubblicazione in Europa solamente quest’anno, nel 2002.
Ritornando a parlare dell’aspetto musicale, non si può certo gridare al miracolo per l’innovazione portata alla scena metal mondiale, ma a un certo punto, cosa importa? Di sicuro non ci troviamo di fronte ad un disco power che segue gli stereotipi tanto di moda in questi ultimi anni che hanno portato delle band oneste ad essere idolatrate dalle folle, e questo a mio avviso basta e avanza. A contribuire a ciò pensa anche il cantante Michael Polchowicz che non strilla mai su note da urlatore, ma si mantiene su tonalità ascoltabili e sfodera un timbro molto bello e particolare. Inoltre una volta tanto sono assenti le tastiere nella veste di strumento solista, senza virtuosismi di synth che alle volte danno i nervi nel tentativo di emulare gli idoli Moore o Sherinian. Sono presenti come tappeti atti a sottolineare alcuni passaggi, mentre solo nella bonus track viene data una parte di maggiore rilievo. Ovviamente trattandosi di Perfect Stranger dei Deep Purple non poteva essere altrimenti. Questa stupenda canzone è resa in maniera più che dignitosa anche se forse manca quel tocco di personalità che rende unica una cover. Certo, ci sono innesti di doppia cassa più martellante, passaggi un po’ velocizzati, ma non bastano allo scopo. In ogni caso fa sempre piacere ascoltarla.
Se volete un consiglio per farvi un’idea del disco e del gruppo, vi invito ad ascoltare tutta la Trilogia del Massacro (le tracce 3, 4 e 5) che racchiude in sè quello fin’ora descritto. Se siete super appassionati del metal melodico compratelo pure a scatola chiusa, con la sola accortezza di non andare a cercare dei novelli Angra solo perché loro connazionali. Rimarreste molto spiazzati.