“Mmmh, Heimdall..già dal nome si capisce che saranno il solito gruppo di power metal…”
Effettivamente fanno power però bisogna dire che…
“Na na, la solita doppia cassa a manetta, i soliti assoli alla Helloween, il solito cantante castrato, ci scommetto anche se non li ho mai sentiti!”
E no, caro mio amico virtuale, qui invece ti stai sbagliando di grosso: specie nel caso dell’ultima “accusa”.
La prima particolarità che salta all’occhio, anzi all’orecchio, è sicuramente la voce di Giacomo Mercaldo, al suo debutto negli Heimdall in questa loro terza release The Almighty. Giacomo infatti non è assolutamente il solito clone di Kiske che spara note su ottave altissime; non è nemmeno un cantante simil-growl come Lahio dei Children of Bodom, preciso da subito.
Le linee vocali sono infatti in pulito, ma su tonalità basse, profonde ed espressive. Anche se per molti metal-kids questa potrà sembrare uno scempio, a mio avviso è sicuramente uno dei punti di forza della band. Inoltre, come ad esempio nell’opener The Calling, sono presenti forti influenze epic. Ma non epic alla Rhapsody come comunemente inteso al giorno d’oggi, ma dell’epic vecchia (e vera) scuola come Warlord, Manowar, Manilla Road ecc ecc. Per carità, il suono nel complesso è assolutamente moderno, sono presenti in discreta quantità anche le tastiere (fondamentalmente come tappeti, a parte una manciata di assoli), ma ciò non modifica troppo la mia opinione.
Inoltre non mancano parti con assoli velocissimi e ultra-melodici, sweep ai duemila all’ora, doppia cassa a manetta e tutto quanto di stereotipato esiste nel power, ma non mi sento assolutamente di affossare il disco per questo.
Esistono infatti ancora altre differenze, come ad esempio la mancanza di un ritornello realmente catchy e dalla melodia che si memorizza a metà del primo ascolto.
Questo è, come la voce, un altro punto di discordia fra me e buona parte degli estimatori del genere. Infatti io ritengo questa assenza solamente un bene, perchè aiuta ad aumentare la “vita” del disco. Non fraintendete: le melodie poi si riescono ad assimilare, ricordare e cantare in coro, ma sono necessari diversi ascolti.
Insomma, non posso certo gridare al miracolo – siamo nel 2002 e la scena melodica è ultra inflazionata, anche se non più come qualche anno fa, ma questi italianissimi Heimdall a mio avviso meritano di non essere scartati a priori, ma anzi di essere ascoltati con attenzione e senza pregiudizi.
Sono sicuro che potranno piacere anche ad alcuni metallari con gusti più prettamente Eighties e che non apprezzano in toto la svolta iper-melodica di certo power metal, ma non faranno dispiacere nemmeno a molti giovani metal-kids power-defender.