La Francia, negli ultimi tempi, si mostra come fertile bacino da cui attingere, con soddisfazione, per saggiare nuovi e validi sapori in ambito estremo. E’ così che, tentando di cavalcare l’onda, tornano a giocare le proprie carte anche gli Hypnosis, al quarto capitolo discografico, con il loro tipico sound impregnato di death e suoni moderni ed assimetrici offerti senza un filo logico degno di questo nome.
Il frutto di tante buone intenzioni, che rimarranno tali, è ‘Seeds Of Fate’, un disco che nel tentativo di ostentare indipendenza ed imprevedibilità finisce per sfociare, spesso e volentieri, in un sound ostico e poco fluido. Nove brani che vanno le troppo per le lunghe, alternando ad innegabili buone idee una confusione d’intenzioni troppo marcata ed insostenibile per il minutaggio offerto. In questo scenario, il tentativo di vendere come novità la propria proposta finisce per ritorcersi contro i tre transalpini, assaliti dall’eterogeneità dei contenuti accolti all’interno del lavoro. Già dai primi ascolti, infatti, i pezzi appaiono internamente slegati ed inficiati da una quadratura del cerchio ancora acerba; emblematico il fatto che il meglio sia offerto dai passaggi più tradizionali e meno “audaci”. Una base solida da cui si parte e dalla quale si diramano strutture oblique, suoni industriali e voci pulite che, presi singolarmente, fanno la propria figura ma, integrati nel contesto, risultano imprecisi e fini a se stessi con risultati discutibili. Un quadro folto nella forma ma mozzo nella sostanza che passa dai Morbid Angel ai Ministry con un’abilità pachidermica transitando per break progressivi e mille altri influssi per cui continua a valere lo stesso discorso. Un fare ricorrente penalizzato da una produzione debole, che attanaglia l’intera opera dando un senso d’incompletezza e d’irritazione che rendono ogni prova di pretenzioso sussulto, nient’altro che un tentativo emblema di un modus operandi difficilmente corregibile con un eventuale successore.