Era il 2001, l’anno in cui vinsi nel sito della Noise Records l’album di uno sconosciuto gruppo danese chiamato Iron Fire, capitanati da un giovanissimo e inesperto Martin Steene, ma che a me piacque moltissimo. Da allora per diversi anni del gruppo si persero le tracce fino al 2006, anno della rinascita, che ha coinciso con una netta e decisiva maturità sia di Steene che della composizione dei brani.
Da Revenge in poi il gruppo ha goduto di una certa stabilità di pubblicazione, giungendo quindi a tre album in quattro anni, sostenuti dall’attiva Napalm Records e da una minima modifica alla formazione giungendo a quella attuale con tre quarti inalterata.
Rispetto al passato Steene ha perso il suo cantanto infantile e a tratti fastidioso, come se si mangiasse le parole, per un cantato più adulto, decisamente più efficace nonostante non sia una delle migliori voci in circolazione. Risulta più efficace in particolare, quando non cerca di sforzare la sua ugula, mantenendola il più naturale possibile.
Dal punto di vista musicale abbiamo il miglioramento maggiore, nonostante anche i precedenti li abbia sempre ritenuti molto validi. Sono pur sempre per il buon power becero, scontato, diretto, senza troppi fronzoli assolutamente ruffiano e gli Iron Fire, così come tanti altri colleghi più famosi (chi ha detto HammerFall?) fanno vendendo piuttosto bene, appartengono a questo mio amatissimo calderone.
Un gruppo non fondamentale, come ce ne sono tanti, le melodie ormai sono esaurite ma non per questo bisogna silurare i gruppi, mica è colpa loro se ci sono solo dodici note. Gli Iron Fire targati 2009 sono più pesanti, più graffianti e molto ma molto più professionali. Un album senza infamia e senza lode da ben più di un ascolto, grazie a ritornelli quanto mai azzeccati.