Amanti di Malmsteen e delle sonorità neoclassiche preparatevi ad aprire il vostro portafogli e a fare vostro il secondo disco degli Iron Mask. La mente geniale o diabolica, vedete voi, che si nasconde all’interno di questa band è il belga Dushan Petrossi, già presente nei Magic Kingdom, che per quasi tutti i pezzi di “Hordes of the brave” rende “omaggio” al suo collega svedese Yngwie J. Malmsteen: stesse sonorità, stessi accordi, stesse scale, stessi soli e stesso modo di suonare.
L’unica cosa che differenzia gli Iron Mask da un qualunque album di “Mr. Sei corde” è il genere musicale proposto che affonda le proprie radici in un power metal veloce e piuttosto spinto anzichè nell’hard rock tipico di Yngwie. Il disco, che nella sua oretta di durata si dimostra davvero gradevole e piacevole nell’ascolto, presenta una produzione frizzante ed aggressiva che mette in risalto le ritmiche di chitarra supportate da una batteria assolutamente geniale e dalle classiche tastiere neoclassiche suonate da Richard Anderson (Majestic, Time Requiem) che impreziosiscono l’album nonostante la banalità dei pezzi. Davvero esemplare è la prova vocale del cantante Goetz Mohre che, forte di una timbrica vocale molto calda ed accattivante che a tratti ricorda quella del collega Jorn Lande, riesce a far decollare tutti i pezzi del cd. Eccezion fatta per l’opener “Holy War” sulla quale si potrebbe cantare sopra senza troppi problemi il ritornello di “Fury” di Malmsteen e anche qualche altro pezzo del suddetto chitarrista, ci sono ottimi pezzi piuttosto convincenti come la veloce “Crystal Tears” e la semi cadenzata “High in the sky” che presentano dei ritornelli efficaci uniti ad arrangiamenti sinfonici e neoclassici di ottimo gusto e squisita fattezza oppure la lunga “Alexander the great” che, nonostante l’omonimia con la ben più famosa canzone dei Maiden, si snoda attraverso un riff serrato e compatto di matrice orientaleggiante ed è impreziosita da splendidi cori e da un break centrale oscuro ed evocativo. I rimandi al biondo chitarrista svedese fanno capolino un po’ in tutti i pezzi e, in effetti, i soli di “Freedom’s blood” e “Time” sono un tributo eclatante al neoclassicismo più puro unito al power metal più veloce in pieno stile At Vance.
Sonorità care agli Stratovarius spuntano nella ballad “My eternal flame” il cui solo centrale sembra uscire direttamente dalla chitarra di Timo Tolki. Termina l’album la diretta “Troops of Avalon” che mi ricorda il riff portante di “ Losfer Worlds” dei Maiden ed è impreziosita da incredibili cori che la rendono ancora più epica ed aggressiva. Ospite d’onore dell’album è Oliver Hartmann protagonista delle linee vocali di The Invisible Empire”, “Crystal Tears” e “Iced Wind of the North”.
“Hordes of the brave” non brilla certo di originalità tuttavia a me questo cd è piaciuto e anche tanto; se volete un disco sincero, fatto di musica veloce e diretta, con ottimi ritornelli e melodie e non ve ne frega nulla se la band in oggetto, anzi il chitarrista Petrossi, si “ispira” (un po’ troppo) a Malmsteen e soci allora comprate pure “Hordes of the brave”, sicuramente sarà un buon acquisto e non ne rimarrete troppo delusi.