Giusto per chiarire le idee ai più distratti cominciamo pure elencando i partecipanti a questo lavoro: Steve Lukather (Toto, Barbra Streisand, Michael Bolton, Michael Jackson, Chicago, Cher…), Michael Thompson (Phil Collins, Shania Twain, Mariah Carey, Celine Dion, Jennifer Lopez, Alanis Morissette, Madonna, Whitney Houston…) Neil Stubenhaus (Michael Bolton, Al Jarreau, Rod Stewart…), Robbie Buchanan (Brian Adams, Christina Aguilera, Bon Jovi, Cher, Chicago, Celine Dion, Whitney Houston, Enrique Iglesias, Elton John…) C.J. Vanston (Celine Dion, Joe Cocker, Tina Turner, Toto, Richard Marx, Barbra Streisand…)
A questo punto sono sicuro che i pochi superstiti lettori della recensione, quelli che non si sono lasciati impressionare dai grossi nomi del Pop appena elencati, sono anche, probabilmente, solo gli appassionati della frangia più leggera dell’AOR, quella costantemente a cavallo tra Pop e Westcoast. Bene, a questi pochi affamati cronici di questo tanto bistrattato genere consiglio di fiondarsi immediatamente dal loro rifornitore di fiducia e accaparrarsi una copia di questo stupendo “9 Hours” dal momento che il disco in questione, come facilmente intuibile dalla valutazione numerica generale, è per loro un episodio assolutamente imperdibile.
Jay Miles, nome d’arte anglofilo dello svizzero Jürg Eichmann, ha infatti dato alle stampe dodici incredibili gemme (tredici nella versione europea) in cui la sua splendida voce, a volte riecheggiante Paul Young, George Michael, Peter Cetera o ancora Richard Marx, si muove a meraviglia dando vita ad un vero e proprio caleidoscopio di emozioni: soffice e delicata, avvolgente e carezzevole, sofisticata e matura, la musica di questo CD riuscirà a toccarvi nel profondo, ad appassionarvi, anche a commuovervi, segno inconfondibile di un lavoro sicuramente molto poco indicato ai rockers più intransingenti ma estremamente riuscito e dalla classe indiscutibile.
Agli altri che sono fin qui giunti consiglio di provare “I Don’t Want To Hold You”, “Grandpa’s Chair” o “I Can’t Make You Love Me”: se non vi convincono immediatamente lasciate pure perdere, semplicemente non è (purtroppo per Jay) musica per i vostri palati, magari troppo assuefatti a doppiecasse a manetta, elfi dalle spade bastarde, ipertecnicismi freddi e fini a sè stessi, urla disumane, smembramenti e depressioni sonore e quant’altro possiate ascoltare (ed apprezzare) abitualmente.
Uno dei migliori dischi del genere degli ultimi anni, acquisto obbligatorio per gli appassionati e per chiunque si ritenga abbastanza maturo per ascoltarlo senza i soliti stupidi preconcetti.