Jeff Scott Soto, un gran nome, un grande artista ma soprattutto un gran cantante. A soli due anni di distanza da “Prism”, suo precedente album solista, Mr. Soto torna a far parlare di sé regalandoci questo nuovo ed entusiasmante “Lost in the translation” accompagnato come al solito dai due chitarristi e fedeli amici Howie Simon e Gary Schutt. Per chi ancora non lo conosce o non ne ha mai sentito parlare, Jeff è stato cantante di Malmsteen al tempo dei Rising Force, ha siglato con la sua voce gli album più belli di Axel Rudi Pell e oggi continua ad essere il cantante dei Talisman, stupefacente band di hard rock fondata assieme all’amico bassista Marcel Jacob (ex Malmsteen) e vanta tutta una serie lunghissima di partecipazioni come ospite speciale in un’infinità di album.
Questa nuova fatica di Jeff riprende il discorso iniziato con “Prism” ovvero canzoni di chiara matrice hard rock dai ritornelli orecchiabili e cori in stile Queen (ricordo anche che Soto è autore di un bellissimo disco di tributo alla Regina); tuttavia “Lost in the translation” non è un album di facile comprensione bensì necessita di più ascolti per essere capito e apprezzato davvero. Simon e Schutt si sfidano a colpi di soli e riffs granitici che faranno senza dubbio la gioia dei loro fans più scalmanati, ma la vera star dell’album è proprio lui, Mr. Soto, che riesce con incredibile maestria a spaziare da pezzi hard rock potenti e veloci, una su tutte l’opener track “Believe in me” unica canzone ad essere scritta con l’aiuto di Neal Schon (Journey), veloce e trascinante con un lunghissimo ritornello che non diventa mai banale, a brani più cadenzati come “Soul divine” (con incredibili cori sempre di ispirazione Queen) e “Drowning” dove la vena metallara di Simon e Soto fa capolino regalandoci due canzoni rocciose e cariche di aggressività, fino ad arrivare ai lenti che si dimostrano essere delle autentiche perle da ascoltare in dolce compagnia: la chitarra acustica di Simon accompagna la voce di Soto in “If this is the end” brano romantico e dall’incedere malinconico che si dimostra essere uno dei pezzi più belli di “Lost in translation” anche per opera di un sognante e splendido assolo di Howie mentre il secondo lento dell’album ovvero “Beginning 2 end” dove Jeff si accompagna al pianoforte ci regala incredibili emozioni.
Termina l’album “Sacred eyes”, pezzo interamente acustico che vede negli incredibili cori ad opera di Soto e soci il suo punto di forza. Non ancora contenti di quanto hanno fatto, Jeff e soci ci regalano il videoclip di “If this is the end” che ritrae Soto e compagni in giro per il mondo in tour e una bonus track dal titolo “Dulce Lady” scritta sempre in collaborazione con Simon. Particolare nota di merito rivolta anche al singolo apripista titolato “Believe in me” che oltre la title track contiene quattro tracce non presenti sul cd.
In conclusione, amanti dell’hard rock e non sparsi per tutta Italia, JSS è tornato, fate vostro questa sua nuova fatica perché non ne rimarrete assolutamente delusi; Jeff e soci ci propongono quasi un’ora di musica suonata con il cuore e con la maestria di chi da anni dona alla musica tutto se stesso. Un grandissimo ritorno!