Ogni nuovo album degli americani Kamelot è per me un evento. Questo gruppo rappresenta, personalmente, la regalità fatta musica, la raffinatezza in parole e note.
E’ dall’entrata di Roy Khan che il gruppo ha raggiunto il suo perfetto equilibrio. Non si può fare a meno di gustare l’interpretazione di Roy e gli ottimi intrecci musicali di ogni singolo brano. Anzi della storia. Perchè il nuovo “Black Halo” è la doverosa prosecuzione di quel bellissimo album che risponde al nome di “Epica”.
Pertanto il nuovo lavoro in studio segue piuttosto fedelmente le orme del predecessore, senza particolari innovazioni. Rimangono quindi grandi cori e chitarre sempre ben presenti e affilate; e le orchestrazioni rendono al meglio l’atmosfera teatrale che contraddistingue il quartetto californiano (anche se Khan è europeo).
Forse il limite è proprio questo, a mio avviso: dovendo continuare la storia iniziata con Epica si sono trovati un pò limitati; ad esempio “Soul Society” ne riprende alcune melodi, ma comunque il risultato è decisamente soddisfacente lo stesso, anzi più che soddisfacente.
Ho trovato bellissime la veloce “When the Lights Are Down”, canonica ma dalla sicura presa, e la triste “The Haunting (Somewhere in Time)”.
La tristezza è in linea di massima il tema principale e guida dell’album, dato anche l’alto numero di brani lenti e atmosferici come la deliziosa e malinconica “Abandoned”, con uno strappalacrime duetto piano-voce, ma anche la melodiosa “This Pain”.
Dal forte sapore prog è invece “Moonlight” in cui viene messo più in mostra il basso di Glenn Barry, a cui fa seguito un simpatico interludio cantato in italiano.
Il vero “masterpiece” è però la canzone che dà titolo all’album, “The Black Halo”: vengono fuse alla perfezione orchestrazioni, potenza e velocità risultando piuttosto diretto e appetitoso. Il brano più veloce e canonicamente power rimane però “Nothing Ever Dies”, seguito dalla dinamica e cavalleresca “Memento Mori”.
Essendo fondamentalmente un “concept”, l’album andrebbe ascoltato per intero in modo da non perdere l’ottima successione musicale e quindi l’evolversi della storia. Meglio ancora sarebbe ascoltarlo dopo Epica!
Il ritorno discografico dei Kamelot segna la conferma del valore di questa grandissima band, che riscuote sempre ottimi riscontri in sede di recensione e meno per quanto riguarda le vendite. Ed è un vero peccato, perchè di gruppi così raffinati e eleganti ce ne sono pochi in giro nel panorama metal. Non lasciatevi scappare quest’album.