I Kerosene nascono in Umbria nel 2006. Dopo l’omonimo album pubblicato nel 2008, fatto di brani potenti e dinamici, che da loro la possibilità di calcare diversi palchi in Italia e di ottenere ottimi riscontri dal pubblico e dalla critica, trascorre del tempo, durante il quale la band si da una rinfrescata, rinnovando la formazione che si presenta, nel 2011, nel seguente modo: Alessio Vigo (voce), Elvys Damiano (guitars), e le new entry Marco “Billy” Vitantoni (basso) e Rodolfo “Rawdeath” Rodolfi (batteria).
Nel settembre dello stesso anno (2011), nasce “Face the Real”, per Lost Sound Records, secondo album, registrato presso i Real Sound Studio di Parma. 11 brani attraverso i quali si assapora un pò di Alter Bridge, un pò di Alice in Chains e l’influenza dello stile di Zakk Wylde alla chitarra. Miscela tra vecchio e nuovo, tra sonorità classiche hard rock anni 80, e il grunge di 10 anni dopo, il secondo lavoro dei 4 italianissimi ragazzi funziona piuttosto bene!
Dopo la title track, nonchè intro dell’album, “Face the Real”, l’hard rock si manifesta in tutta la sua potenza e velocità in “Get out of my way”, seguita da “Euthanasia”, caratterizzata da melodie più grezze e suoni sporchi, che ritroveremo più avanti anche in “Without Rules”. Quando parlavo dell’ influenza di Zakk Wylde, mi riferivo a brani come “A New Day”, nel quale la chitarra emerge prepotente in riffoni da togliere il fiato.
Le due tracce successive, “My Obsession” (scelta anche come primo singolo dell’album), e “In Chains” sono più dure. Tanto di cappello al lavoro di Elvys alla chitarra, che nuovamente si fa sentire. Il ritmo rallenta nel caso di “My Friend”, pseudo ballad, con suoni più suggestivi ed armoniosi. Ma è solo la quiete prima della tempesta: i Kerosene tornano a martellarci di potente hard rock con “Betray Yourself” e “Something to Believe it”. Chiude l’album “Your Time Has Come”, che non ha nulla da dichiarare di diverso da quanto detto finora.
Beh… se invece di trovarci in Italia, dove band con talento e personalità come i Kerosene fanno fatica ad emergere, fossimo stati in America, probabilmente la scena musicale avrebbe dato più spazio ai quattro musicisti. Gli ingredienti necessari ci sono tutti e ben dosati. Incrociamo le dita per il futuro!