Dopo un po’ di tempo dall’abbandono di Mauro Gelsomini del ruolo di cantante dei Kingcrow ho avuto il piacere di intervistare il direttore di una delle testate più note in Italia.
Il nostro amico di Truemetal ha risposto con quella verve che sempre lo contraddistingue, niente peli sulla lingua. Un saluto agli amici di Truemetal. Che tutte le riviste online dimostrino sempre quella fratellanza che ci contraddistingue quando andiamo insieme ai concerti e ci incontriamo durante le interviste. Hail!

Ciao Mauro, presentati un po’ ai lettori
Mi chiamo Mauro Gelsomini, conosciuto al popolo metallico (di addetti ai lavori e non) perché dirigo la webzine metal più importante in Italia. Qualcuno di questi popolani, poi, mi conosce anche per la mia militanza nei Kingcrow, una prog rock band laziale. Di norma la fama di una persona è proporzionale alla consistenza del suo portafogli. Quindi se non mi conosce nessuno o quasi, è tutto nella norma! :)

Cos’è successo con i Kingcrow?
Immagino tu ti riferisca allo split del febbraio scorso.
Mi rendo conto che la motivazione ufficiale diramata dalla band suoni alquanto “standard”. Gli “impegni personali” che ti costringono a separarti dal tuo gruppo dopo sette anni di attività sono decisamente un modo per dire “cazzi miei”. Quello che è giusto dire nei confronti dei fan è che la decisione, almeno da parte mia, è stata presa con ponderazione e non poca sofferenza, ma come spesso accade ho preferito fare ciò che ho ritenuto giusto per la mia salute sopratutto mentale, pur consapevole di lasciare la band nel bel mezzo delle registrazioni di un album a cui avevo contribuito in grandissima parte. Avrei potuto, e in effetti ci ho pensato e sperato fino all’ultimo, terminare le registrazioni e uscire di scena con un altro disco in tasca, ma le circostanze non hanno permesso un ulteriore ritardo ad una decisione che era stata presa da tempo.

Pregi e difetti, gioie e dolori del periodo passato con il gruppo.
Sicuramente si è trattato della band con cui mi sono tolto le maggiori soddisfazioni: suonare al Gods Of Metal di spalla ad Iron Maiden e Judas Priest… Insomma, credo che chiunque, agli inizi, sbavi al solo pensiero. Aggiungeteci che la vita “on the road”, con un gruppo di amici, oltre che di colleghi musicisti, è qualcosa di magico.
E’ ovvio, non è tutto rose e fiori, soprattutto se ci riferiamo ad un periodo lungo come quello che mi ha visto frontman della band per sette anni. Una band complicata, al suo interno e al suo esterno. Difficile da gestire, sia dal punto di vista prettamente artistico, con tutte le attenzioni che si devono prestare affinché sia mantenuto l’equilibrio tra l’originalità della proposta e il suo carattere “friendly” per l’ascoltatore, sia pure dal punto di vista relazionale: mi riferisco al pubblico, esigente e permaloso al contempo, e anche agli addetti ai lavori, pronti al voltafaccia o quantomeno all’oblio, se non vengono loro dedicate le giuste “attenzioni”…

Parliamo un po’ di musica in generale. Da giornalista come vedi la scena musicale italiana?
Da giornalista, ma anche da semplice fruitore quale sono, non vedo una scena.
Il problema è principalmente uno: non riusciamo a lavorare “insieme”. Tutti, da bravi italiani, pensano di essere migliori degli altri, e quindi c’è un clima di costante invidia, inganno, diffidenza. E questo non solo tra le band, ma anche e soprattutto da parte di label, promoter ecc., che fanno lotte sovrumane per raccogliere briciole. Giustamente, se è l’unica cosa che sappiamo fare, ci meritiamo la serie B.
> E quella estera?
Quella estera gode della mentalità di cui non siamo dotati noi: finché non esisterà una scena, non saremo mai all’altezza degli stranieri.

Facciamo un salto indietro nel tempo esattamente a 30 anni fa. Che ricordi hai di quel periodo e cosa salveresti e cestineresti?
Avevo circa due anni, e ancora non mi preoccupavo minimamente dei gravi problemi che assillavano il mondo della musica heavy.
A parte gli scherzi, immagino che all’epoca, non essendoci il digitale, non essendoci la globalizzazione e la diffusione della tecnologia, fosse più difficile coltivare un hobby costoso come quello della musica. E’ anche vero che non mi viene in mente un gruppo che non sia riuscito ad emergere dall’underground di quegli anni. Ciò significa molto.
L’heavy era agli albori, tutto ciò che veniva fuori era considerato nuovo, e per molti versi, bello.
In confronto all’abbondanza, direi il surplus, di oggi, all’epoca c’era talmente poca roba che non potrei minimamente pensare di “cestinare” qualcosa…
Certo, non vado troppo fiero di qualche personaggio legato alla New Wave of Italian Heavy Metal (in realtà molto poco new wave, visto che non c’era mai stata la prima ondata), colpevole forse di aver “iniziato” la cultura del “peracottarismo”, se mi passate il neologismo. Ma tant’è…

Pensi che le riviste sia cartacee che web aiutino a far conoscere gruppi validi o rimaniamo sempre invischiati nella miriade di album inviati dalle etichette?
La carta stampata è roba da pleistocene, ormai. Non era all’altezza del web già nel 2000, ovvero agli albori. Figuriamoci oggi, che con social network e compagnia bella è tutto estremamente ben collegato e aggiornato. I gruppi lo sanno, ovvio, sono giovani e sono nati con la tecnologia in mano. Ma lo sanno anche le label, che approfittano di questi aspetti per il proprio tornaconto. E’ sempre la stessa storia, e probabilmente la webzine è eletta a fare da ago della bilancia. Io penso che tra le webzine ci sia lo stesso clima – anti-scena – che si vive tra le band, e di cui ho parlato sopra. Ed è un peccato, perché se le webzine remassero tutte in una direzione comune, non solo si creerebbero i presupposti per ottenere la giusta considerazione da parte di chi continua ad investire sulla pubblicità cartacea un po’ per ignoranza, un po’ per nostalgia, un po’ per omertà, ma darebbero un concreto aiuto alla creazione di quell’agognata scena…

Il tuo magazine si chiama Truemetal. Dai una tua versione del termine truemetal, considerato che per ciascuno può avere un significato anche molto diverso.
Ti rispondo citando me stesso da un’altra intervista:
“Il Truemetal è per ognuno qualcosa di diverso, ma ciò che unisce tutti è l’essere dei fan irriducibili, gelosi, amanti appassionati e pronti a scalare montagne pur di difendere qualcosa che fin dalla sua nascita merita e necessita di essere custodito. Ho sempre apprezzato questo modo, a volte oltranzista, di porsi nei confronti di un filone artistico, sebbene questo sia sempre stato focolaio di chiusure mentali e non abbia granché favorito il dialogo. Per molti il rifugiarsi in una fede simile può costituire una salvezza, dal significato non troppo distante da quello notissimo (e spesso da molti metallari deriso e insultato) della religione.”

Che progetti hai in mente per il tuo lato da musicista, nuovo gruppo o pausa di riflessione?
Non mi sto sbattendo più di tanto.
Probabilmente mi vedrò impegnato – non so in che tempi – in qualche collaborazione. Sto valutando diverse proposte, e sono deciso a scegliere unicamente in base al mio gusto e alla mia soddisfazione personale.

E quale per la tua rivista?
Ci sono moltissimi progetti in cantiere, che prenderanno forma via via. Qualcuno di questi è già alla fase sperimentale. Non dovrei farlo, forse, ma invito i tuoi utenti a fare un salto e vedere se i servizi offerti da TM riescono in qualche modo a soddisfare le loro esigenze.

Bene Mauro, dì tutto quello che vuoi ora ma proprio tutto.
Vorrei solo mettermi a disposizione. Di chiunque, come me, voglia fare il bene del Metal, e al contempo voglia elevare il livello di professionalità di tutti gli operatori del settore: band, promoter, label, giornalisti, booker. Se avete idee che reputate utili a migliorare il rapporto tra noi, e a creare finalmente la scena tanto osannata all’estero, sapete dove trovarmi. Sono aperto a qualsiasi discussione.

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