Uscito già più di due anni fa in Inghilterra ed arrivato dalle nostre parti da poco tempo, il secondo album di Lachlan Horne è un condensato di hard rock melodico e potente come il caro John Francis Bongiovi Jr., in arte Jon Bon Jovi, non produce più da secoli. Il chitarrista/cantante inglese ha il gusto e la tecnica necessari per dare alla luce un lavoro certamente derivativo e scarsamente innovativo, ma di grande spessore artistico e che mi verrebbe da paragonare come estro artistico a Richie Kotzen, sottovalutato chitarrista che ha militato tra le fila di Mr. Big e Poison.
Ciò che fa piacere nell’ascoltare questo “The Horne Supremacy” è che, nonostante il suo autore sia un musicista molto preparato, non eccede mai nell’ostentazione fine a sé stessa, ma limita tali interventi alla sola chiave solista, peraltro viscerale ed intrisa di blues come tutto l’hard rock dovrebbe essere. Infatti vengono lasciati molti spazi anche agli altri strumenti come basso e, anche se in misura leggermente minore, batteria, i quali si ritrovano a costruire un tappeto ritmico di tutto rispetto per dei brani che decollano sin dal primo istante.
Piacevoli anche i momenti più rilassati, come la ballad “Good To Be Alive”, decisamente in sapore di Pink Floyd periodo “The Wall”, che sono conditi con la lodevole interpretazione vocale dell’artista inglese, comunque ottima anche sui pezzi più duri.
Un disco molto ben riuscito, insomma, e dai toni di questa recensione penso si potesse facilmente comprendere. Se proprio si vuole trovare un pelo nell’uovo, allora va detto che la batteria sarebbe dovuta essere registrata in maniera un po’ più professionale a livello di qualità audio, ma è una pecca che non implica in nessun modo una caduta di qualità per un lavoro più che godibile.
Che aspettate, quindi, o fanatici dell’hard rock? Questo è il disco che fa per voi!