“Ave End” e’ il nuovo lavoro dei Lacrimas Profundere, lavoro che ha diviso gli ascoltatori e del quale qualcuno ha tessuto grandi lodi mentre qualcun altro lo ha trovato decisamente poco riuscito. Personalmente mi colloco nel mezzo, ma sono un po’ sbilanciato dalla parte dei giudizi positivi, trovando che questo lavoro sia un bel disco gothic, migliore della media delle uscite senza pero’ essere un album fondamentale.
Il gruppo ha continuato, andando decisamente piu’ in profondita’, sulla strada intrapresa col disco precedente, producendo un disco chiaramente gothic metal, ma venato in profondita’ da influenze wave (e parlo proprio di quelle sonorita’ ottantiane per le quali si puo’ usare la parolina “dark”…). Ascoltate la title track, la voce del cantante non vi dice niente? “The Sisters of Mercy” gente, “The Sisters of mercy” (e magari qualcuno pensera’ “The 69 Eyes”, ma e’ solo perche’ questo e’ il gruppo che attualmente a livello vocale richiama in maniera piu’ spudorata le sorelle!), e la stessa cosa vale anche per “To bleed or not to be”. Non che la band sia un clone pero’, tutt’altro, questi pezzi sono abbastanza personali e alquanto riusciti, tuttavia le influenze sono evidenti! Quando poi ci si ritrova davanti ad un pezzo accattivante come “Sarah Lou” non si puo’ che apprezzare una band capace di sfornare un brano cosi’ efficace, ruffiano ma anche granitico e dal retrogusto “malato”.
Molto bella anche “Black”, che si apre con un carillon che viene ripreso dalle chitarre elettriche che accompagnano una voce elettronicamente distorta, la particolarita’ pero’ e’ che (me lo ha fatto notare il mio fratellino) il ritornello di questo pezzo ricorda da vicino “Still Waiting” dei Sum 41, pezzo famoso perche’ anche un singolo di Nek (si’, avete letto bene!) sembrava richiamarlo… Tra gli altri pezzi riusciti posso citare anche “Amber Girl”, pure qua voce profonda e venature elettroniche wave si stagliano su un pezzo tipicamente gothic, e “Astronautumn”, che alterna parti piu’ introverse a sfuriate con voce cattivissima e distortissima.
Meno interessanti, ma comunque non brutte, “Wake down” ed “Evade”, menzione anche per l’opener “One hope’s evening”, pezzo dalle atmosfere mutevoli, carino ma non una pietra miliare. Alla fine l’unico brano che veramente convince poco e’ quel “Come, solitude” che chiude il disco, ma non e’ un difetto grave…
Se a questo punto vi state chiedendo come mai il voto assegnato e’ solo un 7.5 vi svelero’ subito l’arcano: i pezzi presi singolarmente sono molto piacevoli, ma ascoltati di fila risultano un po’ pesanti, il che rende meno liscio l’ascolto di tutto il lavoro; e la produzione molto “piena”, cosa vantaggiosa sull’ascolto dei singoli pezzi, peggiora un po’ questa situazione sulla lunga distanza, rendendo il suono molto “saturo” e un po’ “annebbiante”, se capite quello che voglio dire.
Ho percio’ pensato di non assegnare un 8 pieno, ma sappiate che quel numerino e’ stato sfiorato, per cui se vi piace il gothic su questo “Ave End” potreste seriamente farci un pensierino!