Ed eccolo qua il cd del ritorno dei Lake Of Tears! Gia’ da un po’ aspettavo di sentire la nuova fatica di questi ragazzi, il primo lavoro pubblicato per la nuova etichetta, il successore di quel “The Neonai” pubblicato dopo lo scioglimento, presunto disco di addio… Questo “Black Brick Road” e’ un disco importante, capace di portare alla band quell’attenzione che purtroppo non ha mai avuto, saranno riusciti i nostri a pubblicare un album all’altezza? Purtroppo non del tutto…
“Black Brick Road” e’ sicuramente un bell’album, si fara’ ascoltare con piacere da tutti gli appassionati del gothic e del rock piu’ malinconico, tuttavia non e’ uno di quei dischi che lasciano il segno. Troppa varieta’, e soprattutto troppi filler in mezzo a canzoni di ben altro calibro. L’opener “The Greymen” e’ il tipico esempio di questo, non e’ una brutta composizione, ma non e’ nemmeno un lavorone… trattasi di un brano rockeggiante dal retrogusto gothic (molto “alla Lake Of Tears”) che scorre senza lasciare traccia, al contrario della successiva “Making Evenings”, decisamente migliore. Gia’ l’attacco atmosferico di quest’ultima e’ molto intrigante, poi quando partono i chitarroni sulla batteria (che mi sa tanto di drum machine) e la voce inizia a cantare un motivetto accattivante ed oscuro allo stesso tempo si capisce quanto le potenzialita’ di questa band siano sprecate in brani simili al precedente…
Decisamente buona anche la title track, un pezzo dal sapore settantiano tutto arpeggi ed Hammond sui quali si staglia perfettamente il cantato, un altro centro! Si prosegue ancora bene con “Dystopia”, un brano piu’ moderno e quasi ballabile che richiama certi episodi del precedente “The Neonai”, dotato di melodie accattivanti e cori micidiali (quel “sick, sick, sick of it all” si stampa in testa fin dal primo ascolto!), ma con “The Organ” si giunge al primo vero passo falso del disco, trattandosi di un brano decisamente pretenzioso che vorrebbe essere malinconico ed atmosferico, ma che piu’ che altro annoia… Ci si riprende con “A Trip With The Moon”, altro pezzo piacevole e molto in stile Lake Of Tears con tanto di ritornello ruffiano, che pero’ nonostante sia gradevole non e’ di certo all’altezza dei pezzi migliori della band.
Decisamente sorprendente la successiva “Sister Sinister”, brano cantato quasi per intero da una voce femminile (la voce maschile serve piu’ che altro a riempire un po’ e a rifinire il lavoro) dolce ma un po’ ruvida, che diventa poi acida e rockeggiante nel ritornello, il tutto condito da chitarroni alquanto rock, per un brano energetico e divertente (per chi ascolta ed evidentemente anche per chi lo ha suonato), una sorpresa inaspettata ma apprezzata! La successiva “Rainy Day Away” e’ un’altra composizione dal sapore tipico della band, non brutta ma neanche particolarmente riuscita, c’e’ poco altro da dire a riguardo.
Chiude il disco “Crazymen”, un pezzo piu’ violento degli altri che non mi ha convinto molto…
Insomma, come potete vedere su questo disco si proiettano delle luci e delle ombre che mi impediscono di assegnare alla band l’8 che avrei voluto dare. Tuttavia il lavoro si merita un 7.5 e sara’ probabilmente apprezzato da tutti i fan della band e anche da molti di coloro che non conoscono il lago di lacrime e che decideranno di dargli una possibilita’; certo, la condizione di base e’ che si sia bendisposti nei confronti di un rock eclettico che a volte guarda al passato e a volte al futuro senza una continuita’ ben precisa, aggiungendo spesso e volentieri delle dosi di gothic…
Adesso aspettiamo il “disco definitivo” di una band che ha gia’ dato tanto, ma che non sembra ancora essere arrivata al vero “lavoro della maturita'”