Fermo restando che scrivere un disco strumentale godibile e fruibile anche ai non appassionati dello strumento è una delle cose più difficili che esistono, Lars Eric Mattsson gioca una carta ancora più complessa, riuscita in passato a pochissimi eletti: l’album strumentale accompagnato da un’orchestra. Yngwie Malmsteen e Steve Vai riuscirono molto bene a fondere il loro stile in tale contesto, merito di una preparazione tecnica e di un sound riconoscibile sin dalla prima nota, ma Mattsson, malgrado non difetti del primo elemento, non possiede purtroppo punti di forza riguardanti il secondo.
Visto in tale ottica, Aurora Borealis assume i connotati di un’opera dedicata ai soli fan esagerati dello strumento, i quali non mancheranno di trovare, all’interno dei solchi virtuali del disco, pane per i propri denti ed un’esaltazione delle armonie con pochi eguali. Tali dettagli, però, sfuggiranno ai più, i quali bolleranno questo ennesimo disco del guitar hero finlandese come noioso e privo di mordente.
Naturalmente la verità sta nel mezzo, ma l’approccio adottato da Lars non convince appieno e mostra la corda dopo pochi ascolti, quando il fattore noia interviene inesorabilmente e prende il sopravvento.
Certo, tenendo presente l’incipit della recensione, sarebbe stupido bocciare a priori Aurora Borealis in quanto frutto di un lavoro di arrangiamento certosino atto a far coesistere in maniera armoniosa tutti gli strumenti coinvolti. Purtroppo, però, i risultati non danno ragione all’autore del disco e, di conseguenza, si avrà a che fare con un album di medio livello, certamente sufficiente, ma nulla di più.