Avevo pensato, inizialmente, di non essere la persona più adatta per valutare questo lavoro, essendo niente più che un semplice fruitore di questo tipo di dischi. Man mano che ascoltavo il CD mi sono invece convinto che questa mia deficienza poteva avere i suoi lati positivi: chi più di un ascoltatore qualunque come me avrebbe potuto valutare meglio la qualità di un disco del genere senza farsi condizionare dai giudizi e dalle valutazioni puramente tecniche? Messi da parte quindi i miei dubbi iniziali e ascoltato il CD con più serenità sono arrivato alla conclusione di trovarmi in presenza di un ottimo disco, molto curato in tutti i dettagli e di qualità superiore, da qualsiasi punto lo si consideri: arrangiamenti, esecuzione, idee… Quello che mi preme sottolineare più di tutto comunque è che le nove tracce presenti in questo “Unknown Evolution” ci rivelano non solo un musicista di grande talento e maestria (potrete non credere a me per quanto detto all’inizio, ma mettereste in dubbio il parere di gente del calibro di Mike Varney?) ma un artista completo e maturo, che non si limita a “suonare” il suo strumento e a dimostrarci di saperlo fare ma lo utilizza per esprimere emozioni, sentimenti, stati d’animo, immagini. Prendiamo “Reflections” ad esempio: quante volte “riflettendo” non abbiamo ripetuto sempre gli stessi pensieri cogliendo nuovi dettagli e nuove sfumature o abbiamo divagato prendendo ogni volta nuove inaspettate direzioni senza allontanarci però mai troppo dal pensiero “portante”? Bene, il ripetersi ciclico e continuo ma sempre differente del pezzo potrebbe descrivere esattamente questa immagine, una sorta di breve monologo interiore mai caotico ed imprevedibile, come possono invece essere i nostri pensieri, ma sempre variopinto e piacevolmente coinvolgente. Ma non è tutto: “Reflections” potrebbe indicare molto più semplicemente il “riflettersi” dei raggi del sole su una distesa d’acqua, quel gioco di luci e di colori mai uguali ma sempre leggermente differenti, e ancora una volta la musica si adatterebbe benissimo, con quell’arpeggio ripetuto e quelle “variazioni” che sembrano proprio descrivere l’andamento ondulato di una distesa d’acqua al tramonto. Immagini e sensazioni che non tutti oggigiorno riescono a dare e che ovviamente sono molto più percettibili nelle tracce più “rilassate”, diciamo. I rockettari incalliti comunque non temano perchè c’è pane anche per i loro denti e sempre di altissima qualità. Sono convinto che Lelio possa fare parlare a lungo di sé in futuro perché ha tutti i numeri per riuscirci. Complimenti.

A proposito dell'autore

Post correlati