Niente di sconvolgentemente nuovo per i Magica e per il loro “Hereafter”, disco di power gothic caratterizzato da una produzione sonora sicuramente migliorabile e da una manciata di brani che sanno alternare momenti piacevoli a veri e propri passaggi a vuoto, in cui la band si limita a copiare i classici pattern del settore ed a scimmiottare le compagini di punta dell’intero movimento.
Se risulta piuttosto semplice (ed inevitabile), di questi tempi, soprassedere su mancanze profonde in fatto di personalità e coerenza, la questione diviene assai più complicata quando ad essere tirato in ballo è lo stesso songwriting dei Magica, troppo spesso banalmente ancorato alla classiche strutture rock e privo di quel mordente che caratterizza solo le grandi produzioni. Non bastano, alla band, ne incursioni in campo prog ne la massiccia presenza delle keys a sollevare una situazione di assoluto anonimato qualitativo, con pochi episodi che riescono ad emergere dal piattume generale dell’album. Tra questi, spicca “No Matter What”, dal refrain molto accattivante e la sinfonica “Shallow Grave”, in cui i Magica si avvicinano di molto a quanto proposto dai Nightwish nei primi anni di militanza nella scena. Per il resto, tutto scorre in maniera abbastanza pedante e l’ascolto approfondito del disco risulta quantomeno problematico anche agli ascoltatori più volenterosi. L’impressione è quella di una band che si è gettata a capofitto nel fiorente settore power gothic senza averne assolutamente le qualità di base e le potenzialità per farlo. La stessa Ana Mladinovici non dispone di una voce memorabile ed ogni sua interpretazione non fa che appiattire il livello generale del disco. Assolutamente da rivedere, dunque, la proposta di questi Magica e del loro “Hereafter”, un album che va contestualizzato all’interno del limbo della sufficienza scarsa e che non potrà certamente raccogliere i successi sperati.