Fondamentalmente, ci sono quattro tipi di dischi che una band rock (in questo caso, metal) può fare uscire sul mercato. Il normale album da studio, la classica raccolta live (escludo le raccolte di versioni originali da studio perchè praticamente mai sono del gruppo ma sempre della casa discografica), i relativamente nuovi live acustici (o unplugged) e infine le raccolte di cover e b-side.
“Belfast” dei Mago de Oz rientra proprio in questa ultima tipologia di dischi, e non si tratta certo di una novità per i gruppi metal (come dimenticare lo splendido “The Forgotten Tales” dei Blind Guardian?).
La parte più consistente del disco è formata da cover vere e proprie, mentre solo tre tracce sono dedicate a loro pezzi riarrangiati in maniera differente; stiamo parlando de “La Rosa de lo Vientos”, trasformata per l’occasione da buona ballata a ottima canzone metal (con la collaborazione alla voce di Victor Garcia dei Warcry), “Alma” in versione orchestrale e “Hasta que tu muerte nos separe” sempre in versione orchestrale, pertanto con l’aggiunta di violini ed archi alla normale chitarra elettrica. Il risultato è a mio avviso molto buono in “Alma” (già proveniente da un disco molto bene arrangiato come “Gaia”) mentre risulta inferiore nella canzone tratta da “Jesus de Chamberi”.
Passando invece a parlare delle cover, tralasciando l’intro celtico “Irish Pub” che potrebbe tranquillamente essere un pezzo del Mago, “Belfast” è una cover riuscita e divertente costruita su di un tema dei Boney M. originalmente più danzereccio che metal. Con “Dame tu amor” e “Mujer amante” invece il combo galiziano passa a coverizzare canzoni più prettamente rock, ovvero la splendida “Gimme your love” dei Whitesnake e la omonima dei Rata Blanca. Il risultato è a mio avviso buono, anche se specialmente nel caso di “Dame tu amor” si poteva aggiungere forse qualche tocco personale e “celtico” in più.
Discorso diverso invece per “Dama Negra”, che altro non è che la versione in spagnolo di “Lady in Black” dei grandissimi Uriah Heep. Questa cover, che vede alternarsi al microfono oltre a José anche Julio Castejon degli Asfalto e José Luis Campuzano Sherpa dei Baron Rojo, può dirsi solo in parte riuscita, più in concreto nel finale dove i Mago de Oz lasciano la riproposizione quasi scoltastica dell’originale in favore di un riarrangiamento folk a loro certo più consono.
Sicuramente più azzeccata è la cover di uno dei temi più famosi del re del rock’n’roll Elvis Presley, sotto il titolo di “Todo irá bíen”, divisa in una parte lenta e classica (con accompagnamento di voce femminile) e in una rivisitazione prettamente metal, “moderna” ed energica. Senza dimenticare “Más que una intención”, canzone dei già citati Asfalto (band rock molto famosa in Spagna) e “Se acabó”, tema strumentale preso in prestito dai Leño, il disco si chiude con “Somewhere Over the Rainbow”, che assume un significato particolare se il gruppo che la coverizza si chiama proprio Mago de Oz, anche se il risultato non è il migliore possibile. E proprio questo giudizio ci porta alle riflessioni finali: come giudicare questo disco? A chi consigliarlo? “Belfast” è un disco discreto, con alcune ottime perle e altrettanti momenti di stanca.
Sinceramente mi sarei aspettato di più da un gruppo come quello di Txus e soci, ma mi sento comunque di consigliarlo (quantomeno per completezza) a chi come me è un fan del gruppo spagnolo. Per chi non li conoscesse invece consiglio di spostare le proprie attenzioni su dischi più meritevoli come “Gaia” o “La Leyenda de la Mancha”.