1983- Mentre la NWOBHM conquistava il mondo, i danesi Mercyful Fate debuttavano nel panorama col loro coinvolgente e sinistro “Melissa”, puro MUST HAVE per ogni vero appassionato del genere.
Grandi capacità espressive e tecnica, sono fuse tutt’uno per un mix da brivido: l’horror del Re.
King Diamond infatti, cantante e leader della band, ha saputo arricchire singolarmente la sua musica ed ogni suo progetto -sia Mercyful Fate che solista- con una forte carica oscura, un’aria tutta cupa e macabra, mai deprimente e mai scontata. Parlando del capolavoro “Melissa” in particolare, i riff acuti duellano con quelli più gravi, intrecciandosi con precisione chirurgica alle potenti linee di basso e batteria, fino a creare una rete fittissima che non lascia via di scampo a chi ascolta: non potremo più lasciarlo.
Su quella stessa rete, già perfetta e mortale, le acrobazie vocali di King Diamond a volte si insinuano, altre volte si impongono con vigore, mentre nessun animo sensibile potrà fare a meno di notare la finezza e non casualità di ogni struttura, armonica o lirica che sia. Come il primissimo Alice Cooper (prendete ad esempio il brano “Steven”), Re Diamante vanta una forte interpretazione e teatralità, unite a capacità tecniche mimetiche e grottesche, fino a portare al limite del surreale – ma così reale! – quel palcoscenico di orrori che nient’altro sono che le tematiche principali della sua vita artistica : l’occultismo per l’aspetto spirituale, e la violenza, in rappresentanza di quello materiale.
Nessun sentimento rimane inespresso, e ogni ansia, paura, rabbia, follia o attrazione verso forze malefiche, trova voce in un assolo, in un ritornello, in una lunga nota in falsetto, o in un affannoso respiro. Stile dettagliato, e che ci crediate o no, al contempo semplice, netto, tagliato, tanto per non perdere tempo con inutili ghirigori, destinando i circa 40 minuti (breve ma intenso) alla descrizione musicale delle complesse vicende trattate all’interno del disco.
La fantasia è fervida e l’intento è compiuto: impeto e atmosfera sono alternati senza alcun fuoriluogo. L’apertura affidata a “Evil”, nota per la violenta morbosità, e la chiusura con la title track “Melissa”, soffocato, disperato estremo saluto a qualcuno che non c’è più, sono davvero i due estremi , in ogni senso, del disco targato Mercyful Fate, vario, continuo e legato.
Queste due canzoni sono anche i pilastri portanti dell’arsenale dell’album: all’interno troverete tutto quello che vi serve per preparare il vostro altare nero.
Immancabile e perfetto.