Tre serpenti in posizione d’attacco e con le spire reciprocamente intersecate a formare una figura enigmatica, incantatrice così come l’anima di questo disco. Incentrato sui paradossi tra vita e morte, così come esplicitamente affermato dalla band e dagli eloquenti titoli, ‘Catch Thirtythree’ è un disco che non esita a trascinare questi ossimori anche a livello più strettamente compositivo.
Unito alla metrica serrata, monolitica ed aggressiva ormai emblema della formazione svedese arriva, infatti, un forte senso di ariosità che, contrapponendosi alla gabbia cerebrale costruita dai suoni, riesce a conferire al lavoro un’organicità impressionante. Inutile e scontato, dunque, soffermarsi sulla quella ritmica prerogativa dei cinque folli svedesi ed apprezzabile in tutta la sua essenza negli episodi discografici precedenti. Da prendere di mira in quest’ennesima prova di unicità fornita dai Meshuggah è l’intelligenza di ogni scelta musicale sulla quale essi si sono basati per dar vita alle tredici tracce su cui si estende l’unica composizione dell’opera. La contrapposizione col quadro classico a cui eravamo abituati in passato non esita a manifestarsi sin da subito davanti agli occhi. Le melodie sottili cominciano a farsi spazio tra le sassate, talvolta con isteriche ed ipnotiche apparizioni quasi infinitesime ma al contempo notevoli, mantenendo l’aria di chi si è insinuato per dovere di un progetto mirato senza l’intenzione di voler essere invasivo. I vocalizzi di Jens Kidman, pur mantenendo l’aggressività insita nella natura del suo stile, cominciano ad aprirsi mostrando una nuova versatilità accentuata anche dagli interventi del parlato e di voci robotizzate. Qualunque lettore che stia pensando ad un distacco con il passato o ad una scissione con i discussi ultimi episodi, ritorni sui propri passi poichè la coerenza qui è di casa e, pur con mutazioni stilistiche più o meno evidenti, l’effetto nevrotico e claustrofobico che droga chiunque si abbandoni al verbo dei Meshuggah è, come al solito, assicurato.
Per evitare danni fisici si pregano sin da ora emuli frustrati e i numerosi detrattori della band di farsi da parte perchè ancora una volta saranno spazzati via da qualcosa che, pur non causando le giustificate meraviglie di ‘Destroy, Erase, Improve’, ha al suo interno un’anima che gli conferisce l’unicità che lo renderà memorabile. Qualcosa di unico, di cui non tutti saranno in grado di fruire per l’astio con cui aggredisce l’ascoltatore, ma che è ancora una volta testimonianza di ispirazione e classe genuinamente dosate senza alcun tipo di filtro che ne faciliti l’utilizzo.