Puntuale come suo solito, Lemmy Kilmister ritorna in scena con il ventiquattresimo album della premiata ditta Motorhead.
Se ‘Inferno’ e ‘Kiss Of Death’ hanno rappresentato lavori fondamentalmente “di mestiere”, il nuovo ‘Motorizer’ entusiasma sin dai primi ascolti, complice l’inossidabile carisma di Lemmy, una produzione decisamente ottima (curata da Cameron Webb presso gli Studios 606 dell’ex Nirvana Dave Grohl) e un songwriting finalmente all’altezza della sconfinata fama della compagine inglese. E’ l’iniziale ‘Runaround Man’ a mettere sin da subito le cose in chiaro, con le classiche soluzioni sporche e d’impatto targate Motorhead a farla da padrone. ‘Rock Out’, se vogliamo, ne riprende i fondamentali aumentandone i colpi di metronomo, mentre le sorprese maggiori arrivano dalle variegate e rock oriented ‘(Teach You How To) Sing The Blues’, ‘When The Eagle Screams’ e ‘One Short Life’, rock’n’roll sporco e bluesy davvero ispirato e coinvolgente. Questa, dunque, è l’arma in più di ‘Motorizer’: un prodotto assolutamente eterogeneo e non monocorde, dove tutte le anime della storica compagine inglese vengono omaggiate da varie (e indovinate) angolazioni. Anche i brani che dal vivo promettono scintille (‘Buried Alive’ su tutti) fanno egregiamente il proprio lavoro, mentre qualche perplessità di fondo la solleva lo scontato refrain di ‘English Rose’, fortunatamente l’unico tassello sottotono di tutto il lavoro.
Un ritorno per certi versi inaspettato questo dei Motorhead, in questi ultimi anni mai così in palla come per l’uscita di questo ‘Motorizer’…