Sono in tanti, rumorosi, mascherati ed autori di una proposta trasudante nu-metal. Alzi la mano chi, tra i più o meno attenti, ad un ritratto del genere non farebbe corrispondere quell’odiato nome che rappresenta i folli dello IOWA: Slipknot. Il paragone è tanto spontaneo quanto poco gradito in casa Mushroomhead, la cui peculiarità sembra quella di chiarire l’ostilità verso i nove, più famosi, colleghi e ribadire a più riprese la paternità dell’idea-maschera.
Fatte le dovute presentazioni ecco subito ‘Savior Sorrow’, ennesimo capitolo di una band, per quanto discutibile, comunque rispettabile e padrona di un’esperienza ultradecennale. Disco nuovo, singer nuovo ed un leggero passo indietro rispetto al precedente ‘XIII’. Le dodici composizioni contenute nell’album in esame ripongono la propria croce e delizia nel loro sapore artificiale, quasi di plastica, quello che stupisce per una bella idea, per poi lasciare perplessi in ogni altro particolare. Sembra essere questo il tema portante di questo SS, apparentemente dispersivo, dissonante, dissociativo nel suo pregio di variegare. Base decisamente orientata ad un nu di stampo molto cupo, ottimo cantato melodico, inespressivi growl e rappati, quintali di samples e tastiere che creano atmosfere al limite dell’ambient, sprazzi di industrial ed addirittura post-grunge che si alternano all’interno dei brani senza un ordine preciso e spesso sconfinando nella disorganicità. Idee e tanta varietà mal disposte in pezzi che, presi singolarmente, possono risultare comunicativi ed intimi ma, racchiusi all’interno di un’opera, finiscono per creare un calderone non ben definito. Un calderone che, per essere fruito a pieno, necessita di predisposizione, gusti, moltissima pazienza e la capacità di chiudere un occhio. Troppo? Chi lo pensa ne stia alla larga; per tutti gli altri rimangono un’ottima produzione, l’esperienza di cui sopra e tonnellate di sprazzi discontinui. Sufficienza generosa e non di valore assoluto.