I Nargaroth invocano la pioggia e lo fanno nel modo migliore possibile, con un disco, il quinto della loro carriera, che pur essendo black metal fino al midollo è allo stesso tempo intimista, melodico e soprattutto delicato e lento nel suo incedere per dare tempo ai malinconici riff di scavare nei nostri vuoti e riempirli di tristezza.
I tedeschi ci propongono 6 canzoni per la bellezza di 73 minuti di musica; escludendo l’intro di “appena” 4 minuti avremo a che fare con delle tracce monolitiche che lentamente si fanno strada nell’oscurità che loro stesse creano.
L’intro “Calling The Rain” è un evocazione della pioggia, si parte con il suono di certi strumenti originari del Cile che dovrebbe ricordare un temporale (i bastoni della pioggia che vanno inclinati da una parte e dall’altra), poi si passa a sentire la pioggia vera e propria accompagnata da vari rumori ambientali, infine entra prepotente un suono che ricorda quello di un corno. Pur essendo una intro i tedeschi ci regalano una traccia molto suggestiva, magari fuori contesto, ma talmente rilassante che quasi verrebbe da chiedere ai Nargaroth un intero disco fatto così.
La prima vera canzone “Manchmal Wenn Sie Schläft” spezza bruscamente il clima di serenità che si era creato pur aprendosi con un riffing estremamente malinconico. Tale emozione viene amplificata quando inizia il cantato che segue il giro di chitarra e che quindi conferisce molta enfasi alla melodia. I minuti scorrono con lo stesso mood, con riff ripetuti alla nausea e con cambi di tempo limitatissimi oltre che con un cantato mai troppo invadente. La seconda traccia parte con il consueto e veloce tempo black metal e con un riffing che molto ricorda le sonorità burzumiane, ma dopo poco anche questo brano ricade nella lentezza che caratterizza tutto l’album. Dopo 12 minuti siamo pronti ad ascoltare la quarta canzone che ha una registrazione più grezza rispetto al resto del disco, con voce e batteria che risaltano maggiormente rispetto a prima… ma alla fine dei conti le coordinate stilistiche non mutano.
La quinta traccia non è altro che un rifacimento di “Manchmal Wenn Sie Schläft” che però non aggiunge poi molto (neanche in termini di durata per fortuna) al pezzo originale. Giungiamo infine all’ultima traccia che si apre con un arpeggio e di nuovo tornano protagonisti i suoni dell’acqua. Dopo poco più di tre minuti e mezzo parte la canzone vera e propria che conclude stupendamente il disco.
Parlare di songwriting per un disco del genere è eccessivo, sono i riff e le melodie malinconiche e ripetute fino all’ossessione a catturare l’attenzione dell’ascoltatore. E credetemi che riuscire, come i Nargaroth hanno fatto, a comporre un album di 73 minuti così minimale senza annoiare non è cosa da poco, merito di tutto sta nella bellezza dei riff tutti ispirati e coinvolgenti.
Ovviamente i tedeschi sono figli del Burzum di “Hvis Lyset Tar oss” e a chi non piace quel modo di fare black metal di certo troverà questo “Geliebte Des Regens” un disco di una noia mortale.