Una buona laccatura ed una produzione spettacolare, considerando il lavoro autoprodotto, fanno da biglietto da visita per ‘Lost In Words’, seconda fatica assoluta dei giovani Notanumber. Per quanto, specie in ambito musicale, l’aspetto e la forma siano fattori fini a sè stessi, in casi come questo aiutano ad apprezzare gli sforzi della band in tutta la sua essenza, facendo guadagnare punti laddove la proposta non lo permetta. I cinque ragazzi in questione, si fanno portatori di un sound che, seppur alquanto ricco di momenti derivativi, riesce a mantenere l’importante qualità di far presa risultando fresco e godibile. Come, una volta tanto giustamente, affermato dalle note biografiche, le coordinate sulle quali si fonda il disco in questione risultano promisque, ma ben assestate e legate tra loro. Idee che spaziano da rock, all’emo, al metal più moderno non intaccano le strutture dei brani, alquanto omogenee, grazie ad una regolarità nel songwriting, ed accomunate da un fare semplice e diretto. Riffoni cari alla tradizione nu che si alternano con altri che lo swedish rubò alla NWOBHM per poi passarli al metalcore, una sezione ritmica alquanto dinamica ed un’interpretazione vocale che, sebbene ruffiana ed in alcuni frangenti discutibile, risulta vera protagonista. Il singer Marco Valentini, infatti, mostra un’apprezzabile personalità grazie alla sua capacità di modulare la propria ugola su growl aggressivi al punto giusto alternati ad un pulito in stile emo, per quanto migliorabile, fortemente espressivo e duttile. Note stonate? Citate originalità latente, qualche angolo vocale da smussare ed una scarsa capacità di dosare e controllare le forze (rischiando la noia a lungo andare), rimane la presenza di un DJ che, pur armati di mentalità divaricata, appare a dir poco fuori luogo. Il risultato di tutto ciò è una miscela, come già detto, non perfetta che, per il momento, può far divertire e, con la maturità che solo l’esperienza può donare, farà togliere non poche soddisfazioni ai ragazzi.