Noto ai più per la sua militanza nei connazionali At Vance (con cui ha pubblicato ben quattro album) e per la sua partecipazione a numerose metal opere come Avantasia, Aina e Genius, Oliver Hartmann ha recentemente contribuito alla realizzazione di “The Alien Inside” dei nostrani Empty Tremor, dedicandosi nel frattempo alla composizione di questo debutto solista, mostrando con questi due ultimi lavori quanto possa essere estremamente incisivo anche al di fuori dell’ambito power.

Che Oliver fosse un ottimo cantante era noto a chiunque avesse sentito una qualsiasi delle appena menzionate pubblicazioni, che fosse invece così valido anche dal punto di vista compositivo e strumentale e così maturo per una realizzazione del genere è stata una vera sorpresa, e non solo per chi scrive. Aiutato nella circostanza dal bassista Armin Donderer (Paradox), dal batterista Bodo Schopf (MSG, Sweet) e dal tastierista Jurgen Wust e con la collaborazione speciale di Miro Rondenberg per gli arrangiamenti orchestrali nonchè dalla mente grigia di molti recenti successi, ovvero il produttore Sascha Paeth, Hartmann ha partorito infatti un esordio estremamente positivo e di qualità, frutto fondamentalmente di poche e semplici componenti: un gruppo di canzoni azzeccate, tutte gradevoli e convincenti, proposte in una sequenza praticamente perfetta (ascoltate quanto è efficace il piglio allegro e dinamico di “What If I” dopo la ballad “I Will Carry On” per risollevare subito l’attenzione e capirete cosa intendo), una produzione che non ho paura di definire semplicemente disumana e una voce fino ad oggi fin troppo sottovalutata dalla massa, capace di coinvolgerti e trascinarti nelle tracce più ritmate e dirette (come l’indovinata opener “Alive Again”, “Listen To Your Heart” o la già citata “What If I”) e contemporaneamente avvolgerti e “coccolarti” in quelle più intimistiche (“I Will Carry On”, “The Journey” e “Into The Light”), che sebbene non brillino eccessivamente per originalità ed innovazione risultano comunque vincenti grazie alla splendida esecuzione-interpretazione di Oliver. Nel mezzo molti brani di rock melodico sempre dalla pregevole fattura ed interpretazione, tra cui perfino una cover decisamente riuscita (per il sottoscritto) di “Brazen” degli Skunk Anansie, che Hartmann ripropone con personalità e solita convinzione.

Insomma, per farla breve, davvero un ottimo debutto ed uno dei migliori album del genere di questo 2005, il cui ascolto è stato sorprendentemente appagante e che mi sento di consigliare caldamente a tutti gli amanti del rock melodico.

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