Quelli di Korn e Disturbed sono nomi di comodo a cui, spesso e volentieri, in fase descrittiva ci si appoggia per paragoni alquanto improbabili e lontani dalla proposta che si sta esplicando. Quando, però, quello in oggetto è un prodotto come “The Slow Fade Of Loving Things” il discorso cambia sensibilmente e quei paragoni sono necessari per materializzare lo stesso agli occhi di chi legge.
Come intuibile dalla premessa gli Osian suonano nu-metal, e lo fanno tornando a rispolverare quello che, senza abusi, è ormai definibile l’old style del genere. Brani tosti e dinamici, in cui melodia e groove vengono utilizzati con abbondanza e gusto. L’esperienza di dieci anni c’è e si sente in un disco pregno di quella personalità che non deve far pensare all’originalità utopistica per un’opera di questo tipo. E’ così che il “solito” viene sistemato e servito senza grossi nei in un piatto che, nella maggior parte dei casi, si presenta appetibile e godibile pur essendo costituito da ingredienti triti e ritriti. Riffoni serrati e thrash industriale in abbondanza, quindi, accompagnati da una prova vocale aggressiva nelle parti sporche e sofferta in quelle pulite. Se a queste coordinate si aggiunge uno spirito di emulazione del cantante Rao verso un tale J. Davis, si intuisce come i nomi richiamati nelle prime righe si impongano aggressive in un disco che non teme di sembrare anacronistico o scontato e procede sulla propria strada. Una strada difficile, in cui non mancano le imperfezioni (come uno stile vocale non del tutto convincente nei ritornelli), ma che, per chi ha da sempre amato il genere fin dai suoi primi passi, costituirà senz’altro un piacevole, nostalgico e buon passo in un passato non troppo remoto.