C’e’ ancora qualcuno che crede che il mondo della musica di cui tratta questa webzine non sia soggetto a mode? Non credo, e ultimamente un nuovo trend imperversa: quello dei live acustici. Beh, nel mio caso questa e’ una buona cosa, mi piacciono molto queste rielaborazioni (anche se forse e’ piu’ corretto dire che si tratta di live “semi-acustici”, visto che oltre alla chitarra acustica ed alla voce ci sono quasi sempre anche tastiere, bassi, percussioni, ecc ecc) ed in particolare questo cd dei Pain Of Salvation e’ davvero di qualita’ superiore!! Ma andiamo subito ad esaminare questo prezioso “12:5″…
Il disco e’ diviso in 3 parti, la prima e l’ultima sono denominate “Brickwork” e sono “assemblamenti” di parti di diversi brani (e scoprire quali sono e’ meno facile di quanto possa sembrare!!) della band, mentre il capitolo centrale e’ invece costituito da una serie di riletture acustiche di altri pezzi proposti nella loro interezza.
Notate che nella scelta dei brani da inserire nella scaletta i Pain Of Salvation hanno pescato un po’ da tutta la loro discografia, ma hanno trascurato quell’ “One hour by the concrete lake” che tanti ritengono l’apice della band e che io ritengo invece il disco meno interessante (e’ quello che ascolto meno spesso), il che per me e’ un bene, ma potrebbe deludere molti.
L’inquadramento generale e’ percio’ questo, ma e’ il caso di analizzare piu’ approfonditamente il disco… L’apertura e’ affidata appunto al primo dei due “Brickwork”. La prima parte (che dura poi quasi meta’ di tutto il Brickwork) e’ costituita da una versione dilatata di “Leaving entropia”, lunga quasi il doppio della versione presente su “Entropia” e veramente emozionale, come inizio non si poteva chiedere di piu’! Dopo questo pezzo mozzafiato si attacca in coda un pezzettino di “This heart of mine (I pledge)”, piacevole, ma meno incantevole del brano che lo precede. Seguono poi due brevi parti che corrispondono a “Song for the innnocent”, la prima e’ quella col testo come in “The Perfect Element I”, la seconda contiene il secondo pezzo di quel brano sul quale e’ stato messo un testo che mi pare non ci fosse nell’originale. Infine il primo Brickwork si chiude con una ripresa del pezzo finale di “Leaving Entropia” interpretato come era stato fatto nella prima traccia. Sono passati poco piu’ di 11 minuti e gia’ si e’ esaltatissimi…
Non si fa in tempo a riprendere fiato e la seconda parte del cd si apre con una bellissima versione di “Winning a war”, quasi 8 minuti di musica altamente emozionale in un arrangiamento acustico davvero riuscito!! Poi le note di questa canzone si spengono ed un pianoforte esegue una melodia ben conosciuta: quella di “Reconciliation”. Anche in questo caso la rilettura effettuata e’ di altissimo livello, vedere questo concerto dal vivo deve essere stata una gran bella esperienza!! Daniel canta in maniera molto sentita, gli altri musicisti lo seguono creando una bellissima atmosfera ed adoperandosi anche in bei controcanti.
Segue la strumentale “Dryad of the woods”, bel pezzo che pero’ in questo contesto sembra avere meno “carisma” degli altri brani, e non aiuta certo il fatto che poi segua “Oblivion Ocean”. Serve che vi dica quanto era bello questo pezzo su “Entropia”? E serve che vi dica quanto e’ riuscita questa riproposizione, con un Daniel veramente ispirato il cui cantato si incrocia perfettamente agli agrodolci arpeggi?
Ma la band non ha finito di stupirci ed una dolce acustica ci trasporta ad “Undertow”, resa in una maniera piu’ serena e meno inquieta rispetto all’originale. Il pezzo e’ bello, ma l’originale era cosi’ tanto riuscito che fare un paragone e’ davvero cosa difficile… Arriviamo cosi’ all’ultimo brano della parte centrale del disco, quella “Chain Sling” dal sapore antico, qua va notato come in questa versione dal vivo tutti i membri del gruppo si siano dati molto da fare dal punto di vista “vocale” e gli intrecci delle varie voci sono davvero incantevoli.
Si passa cosi’ al secondo Brickwork, un po’ piu’ lungo del primo, e forse ancora piu’ emozionale. L’attacco e’ quello di “Idioglossia”, poi pero’, quando nel brano originale parte il cantato, qua al suo posto si trova la parte strumentale di “Her voices” che e’ collocata tra le due ultime parti cantate nel brano originale, l’effetto e’ veramente grandioso!! E quando questo pezzettino strumentale finisce irrompe il cantato, e “Second Love” ci viene riproposta per intero. Il brano non e’ male, pur non essendo tra i piu’ forti della band, e qua viene surclassato da quello che lo segue… gia’, perche’ la quarta parte del secondo Brickwork e’ una versione di “Ashes” stravolta, cantata in maniera quasi blues, la rabbia del brano originale e’ sparita ed ha lasciato spazio ad una interpretazione carica di serenita’. La prima volta che l’ho sentita non credevo alle mie orecchie, questo cd andrebbe posseduto anche solo per questo brano! Ed infatti, consci di avere raggiunto un livello altissimo, dopo questo pezzo il disco si chiude con quasi 4 minuti di divagazioni strumentali, che credo non appartengano a nessun pezzo, sembra che i ragazzi si siano divertiti a jammare su una musica molto allegra e un po’ spensierata…
Traspare il mio entusiasmo? Penso proprio di si’… Insomma, questo “12:5” e’ un lavoro bellissimo, qualsiasi appassionato dei Pain Of Salvation dovrebbe farlo suo senza remora alcuna, mentre chi non li conosce dovrebbe prima prendersi “Remedy lane”, “The Perfect Element I”, “Entropia” e poi questo live (che, nonostante l’altissima qualita’, non credo sia adatto per avvicinarsi al gruppo). E a quel punto, perche’ no, magari si puo’ prendere anche “One hour by the concrete lake”. Se invece la band la conoscete e non vi piace… beh, non sapete l’errore che state commettendo… Bravi Pain of Salvation, ora attendo il prossimo album, ma nel frattempo questo live e’ molto piu’ che un semplice passatempo!!!