Ritorna in Italia uno dei miei gruppi preferiti i Pain Of Salvation, croce e delizia di tutti gli amanti del prog metal dopo gli ultimi due Road Salt album in studio poco metal e molto rock . In veste di headliner, l’ultima volta infatti furono poco tempo fa di spalla agli Opeth in quella che fu una serata ricca di pathos all’Alcatraz di Milano per l’ultima esibizione del grande e storico chitarrista Johan Hallgren che seppur ridotta nei tempi era stata davvero perfetta.
Stasera di fronte a una gremita platea di fan, il gruppo ormai ridimensionato di ben tre pilastri originari dei tempi migliori non ha nuovamente sfigurato nella sua integrita’ offrendo un ottima prova, c’e’ da dire pero’ anche che ormai (se c’e ne fosse stato bisogno di ricordarlo) i POS sono diventati la voce di Daniel Gildenlöw frontman e leader indiscusso e nient’altro con il suo delirio di onnipotenza motivata da un ottima prestazione come sempre ma perdendo quell’integrita di band con cui il combo si era fatta conoscere al mondo del metal dopo album come Entropia e The Perfect Element.
Dimenticati gli allori del passato e dopo una scarsa esibizione dei Cryptex a me del tutto sconosciuti, i POS non hanno tardato poco dopo le 22 a far ingresso nel palco del “Live Club” di Trezzo D’Adda per uno show piacevole e di buoni livelli come ormai il buon Daniel
& compagnia bella ormai ci hanno abituati. Una calda atmosfera intanto ha accompagnato la band svedese nella veste ormai di rockerstyle anni settanta anche se il livello della serata è salito al massimo solo nella meta’ dello show dove le canzoni che susciteranno piu’ emozioni a parte della gente oltre che per lo spessore dei brani sono state appunto “Chain Sling” “Ending Theme”, la tanto amata “Stress” e le piu’ dolci “Iter Impius” appartenente all’album della svolta “Be” e alla ormai maltrattata “Ashes” un tempo cavallo di battaglia
della band.
Il resto della scaletta oscilla tra alti e bassi relativi all’ultima produzione dei due Road Salt senza trascurare nessuna tra le canzoni di maggior successo come l’iniziale “Softly
Cries” la cattiva ma divertente “Linoleum” e la splendida “No Way”, capitolo a parte invece per la splendida “1979” che solo un personaggio come il frontman svedese puo’ cantare lasciando di stucco l’ascoltatore con quella sua voce davvero sempre perfetta.
Curioso il finale, dove prima la band si cimenta in “Black Diamond” cover dei Kiss scambiandosi ruolo e strumenti sopra il palco, per poi lanciarsi in un finale che personalmente mi ha lasciato l’amaro in bocca con pezzi come The Physics of Gridlock e la
struggente Sisters che non hanno reso per niente onore al nome e al finale dell’ esibizione.
Purtroppo combattuto ma certo delle mie conclusioni a malincuore devo dare un
triste arrivederci a una delle vecchie migliori band del prog metal e
abbracciare ormai solo una band di culto una band per fan e magari sperare in
un ritorno agli inizi, forse una reunion che sicuramente non ci sara’ mai.