“Psalms Of Extinction” è la quinta fatica dei Pain, side project di Peter Tägtren in cui fa tutto lui, dalla scrittura dei pezzi alla realizzazione: canta, suona gli strumenti, si occupa dell’elettronica e, ovviamente, si produce. In realtà questa volta c’è pure qualche ospitata (Peter Iwers degli In Flames ha suonato in un paio di tracce, Alexi Laiho dei Children Of Bodom ha registrato un assolo e persino il batterista dei Motörhead, Mikkey Dee, ha dato il suo contributo), tuttavia queste sono cose di poco conto. Non so quanti avrebbero pensato ad una longevità simile all’epoca dell’uscita del primo disco dei Pain, tuttavia è evidente quanto con questo progetto il buon Peter si diverta a sperimentare e a fare un po’ tutto quello che gli passa per la testa (libertà che con gli Hypocrisy invece non si prende, ma in fondo il side project era stato fondato proprio con questo scopo). “Psalms Of Extinction” è più violento dei suoi più vicini predecessori, il suo industrial (nel senso che si utilizza attualmente, per cui ci si riferisce ai Rammstein e a Marilyn Manson più che alle sperimentazioni degli Einstürzende Neubauten o dei Coil) è più ruvido nelle intenzioni e nella realizzazione rispetto a “Nothing Remains The Same” o “Dancing With The Dead”, tuttavia rimane sempre melodico ed accattivante. Lungo la tracklist si trova un po’ di tutto, dal potenziale hit “Zombie Slam” (la traccia che più mi ha colpito), un ruffianissimo pezzo che sembra una rivisitazione moderna di certe cavalcate elettriche dei The Sisters Of Mercy e che si può benissimo ballare, a “Just Think Again”, una specie di ballata, passando per la cover di “Play Dead” di Björk o per una mazzata come “Bitch”. La varietà è quindi parecchia, seppur alla fine tutto suoni abbastanza omogeneo, grazie al sound del disco che rimane comunque sostanzialmente sempre lo stesso, seppur sia “declinato” in maniere differenti (anche se va detto che sul promo in mio possesso campeggia un bell’avviso “not final mastering”, per cui la versione che finirà nei negozi potrebbe essere diversa).
Alla fine “Psalms Of Extinction” risulta molto meno immediato e banale di quello che può sembrare inizialmente, richiede infatti diversi ascolti per essere apprezzato pienamente ed ogni volta si nota qualche dettaglio che era sfuggito precedentemente (la cura dei particolari è veramente notevole, Peter deve aver speso davvero molto tempo a rifinire il tutto). L’ascolto è quindi decisamente consigliato a tutti coloro che avevano apprezzato i precedenti lavori dei Pain (anche se può accadere che inizialmente qualcuno rimanga spiazzato dalla maggiore ruvidezza sonora, ma ci si fa l’orecchio subito) e a chi non disdegna queste sonorità. Una critica però, seppur marginale, devo farla: perchè mai sulla copertina (a mio avviso piuttosto brutta e non rappresentativa del disco) Peter ha giocato a fare il Johnny Depp dei poveri, quando mi sembra che il vecchio look fosse molto più adatto alla sua musica?