“Tragic Idol” è il tredicesimo album dei Paradise Lost che vede come formazione alla voce Holmes, alla chitarra solista Mackintosh, al basso Edmondnson, alla batteria Erlandsonn e alla chitarra ritmica Aedy. C’è da dire comunque la riuscita di questo gruppo sta nello sperimentare sempre nuove sfumature nonostante siano un gruppo partito death doom e poi nel tempo sfociando nel gothic, ma che riesce a farlo risaltare in maniera diversa come era accaduto già con One second e Host, dove avevamo visto ,anzi sentito, la comparsa di elementi elettronici negli album, facendoli apprezzare pure da un pubblico progressive. Quindi diciamo che cercano di rivitalizzarsi ogni tanto e lo fanno sempre in maniera non distruttiva sicuramente, ma in maniera positiva. Detto le glorie e gli onori, andiamo al succo del discorso, anzi dell’album. Mi concentro e parto subito su questo album, molto accurato dal punto di vista sia doom che heavy, li mescola in modo equilibrato e che tuttavia, mi ricorda per quanto riguarda la parte vocale, delle screziature alla Heatfield, quelle che infatti avevamo trovato dopo Icon, con Draconian, nonostante Holmes avesse voluto tornare, a partire dal lavoro precedente del 2009 Faith Divides Us – Death Unites Us, a un’ impostazione più growl : il risultato è una via di mezzo tra gli esordi e gli ultimi periodi. Decisamente buono come risultato, rafforzato ancora di più , e questo lo sottolineo solo che a livello di gusto personale, dalla presenza di molti più più riff e melodica di chitarra, piuttosto che la parte orchestrale e di tastiere che avevano caratterizzato i lavori precedenti. Quindi a chi vuole sentire una sfumatura più classic è consigliato come album. Anche Mackintosh stesso ha affermato che questo album possiede caratteristiche molto più heavy e doom e sinceramente, è stato un buon connubio. Riassumendo il tutto, per non discostarci dalla loro categorizzazione è un “gothic rivisitato” per farla breve in maniera più melodica, ma conservando tuttavia una certa “pesantezza”data dal doom. L’album è davvero bello. A prescindere dalla parte strumentale, che come ho già fatto ben notare è differente rispetto agli altri album, è più evocativa di un passato doom neanche troppo lontano, ma proiettato al presente e con diverse sfumature, almeno a me ha dato questa sensazione. Ciò che mi ha colpito e mi è piaciuto molto è la distribuzione delle canzoni all’interno del disco e devo essere sincera, l’ho trovato molto interessante e coinvolgente, soprattutto relativamente ai testi a mio parere gothic per quanto concerne la struttura e con una buona dose “infernale”.
Partendo con “Solitary one” troviamo l’alternanza di un growl che caratterizza perfettamente le parole nel testo, quelle piene di rabbia,dannate “In this damnation we’re without blood” con quella di una vocalità più pulita che caratterizza la parte della sconfitta morale : “i’m pleading with the solitary one, i’m weackened by the solitary one”. Chiusura strumentale in equilibrio perfetto degli strumenti coinvolti.
Passiamo alla seconda,” Crucify” dove il doom si sente, ma anche la parte più heavy si inizia a far sentire, basso e chitarra si incrociano davvero alla perfezione, l’entrata di Holmes con la sua voce è perfetta ed io faccio abbastanza caso allo scardinamento tra parte strumentale e vocale e il riff è assolutamente compatibile. Qui direi che è azzecatissima. Qua c’è presenza totalmente growl anche se io dico che è un “gentle growl”, in tutto l’album, perché non disturba e non è troppo rude o funerea, è adattissimo a tutto l’album ovviamente, non solo a questo pezzo.
Il terzo pezzo “Fear of impending Hell” cambia decisamente faccia, molto più classic rispetto al precedente, più melodia: decisamente melodie elevate, portano in alto, anche se stiamo parlando di inferno. Anche qui alternanza tra voce pulita e growl che sta benissimo sempre in relazione al testo. Arrabbiata dove deve, in frasi che esprimono paura e smarrimento “Never seen the light, I don’t know where to escape From that fear of impending hell” , mentre pulita nelle frasi di“aspettativa”per così dire, che canta Holmes.
Il quarto pezzo “Honesty In Death” è completamente arrabbiato, è la “sua onestà” nella morte e probabilmente, fa crederci pure me ad ascoltarlo, quindi direi che l’interpretazione del testo è convincente, rinforzata anche dal fatto che c’è più presenza di doom e quindi di growl, per calcare ovviamente il concetto.
Nel quinto pezzo troviamo apertura molto più potente, più classic metal, chitarra a manetta, growl e persino sfumature di death, anche perché, piccola postilla, ricordiamo che sono con gli Insomnium nel tour in Inghilterra e ricordiamo sempre che sono i precursori del death doom. Cmq a parte questo: “Theories from another world”è arrabbiata, è una canzone di disillusione rispetto a quello che ci verrà proposto e atteso e lo esprime anche in questo modo, in maniera molto efficace. “In This We Dwell” è il sesto pezzo, sempre caratterizzato da growl, è una canzone di “protesta e denuncia” per così dire in quanto in questo noi siamo costretti ad abitare, dentro rabbia e tristezza. La carica giusta nella voce di Holmes c’è, ed è apprezzabile il fatto che mantenga sempre una certa “eleganza vocale” nell’esprimere attraverso la canzone un concetto abbastanza forte. E’ omogeneo, ma questa è una caratteristica che la si riscontra in tutto l’album.
“To the darkness è decisamente più classic , almeno parte classic con una voce growl , ma non troppo, che poi magicamente quando prosegue ed assume caratteristiche essenzialmente doom , sembra divenire calcata pure quella o è semplicemente un illusione uditiva. Le chitarre nella parte classic la alleggeriscono in maniera “rocambolesca” e giuro non so per quale motivo mi viene in mente questo termine, ma è riuscita ad evocarmi una sorta di viaggio in corsa all’interno del buio. Ecco, con l’ottava e bellissima “Tragic Idol”, che prende nome dall’ omonimo album, mi piace molto, anzi per mio gusto, è una delle più belle. Se siamo sempre stati su un certo livello sonoro, ora stacchiamo un attimo, troviamo ovviamente tutte le caratteristiche doom e classic metal, ma in maniera molto più leggera il doom, questa volta. C’è molta più carica e stacca con la pesantezza che lo ha caratterizzato fino ad ora. Se continuava growl poteva risultare abbastanza monotono e ciò l’avrebbe rovinato. Io vi sto scrivendo proprio mentre ascolto pezzo per pezzo e non mi sto fermando, quindi fate conto che quando lo ascoltate io sia lì a “dattilografare in tempo reale” un album e quindi mi vengono spontanee le sensazioni e le caratteristiche da descrivere e non sto molto a rigirarci. A parere mio le prime sensazioni sono quelle che contano se un album è già di suo meritevole e questo lo è. La presenza di voce sdoppiata lo valorizza ancora di più .
Stessa sorte per la canzone dopo, la nona track “Worth fighting for”, anche questa molto più alleggerita rispetto alla prima parte dell’album. La presenza di doom e growl ci sono ma in maniera molto meno accentuata e si da più spazio alla parte strumentale, soprattutto alle chitarre, agli assoli, ma lo avevamo già anticipato all’inizio che questo sarebbe stato un album così. Per quanto riguarda la decima track, quella che conclude la tracklist ufficiale, escludendo appunto i bonus track, ritroviamo ritmi più pesanti, ma la voce di Holmes compie una sorta di acrobazie all’interno di questa canzone. Toni alti che stanno a pennello con l’accompagnamento e con gli assoli soprattutto: c’è distacco tra voce ed assolo, ma sembrano una la continuazione dell’altra(missione compiuta, le ‘regole’ vogliono questo infatti). Momenti di sospensione, prima di ripartire in carica assoluta e farsi seguire da riff molto calcati ma assolutamente perfetti. Direi che il nome di questa canzone è azzecato : “Glorius End” come è glorioso, più o meno, sempre per non allargarci mai troppo, il termine di questo album. Obiettivamente è un finale appropriato che valorizza ancora di più l’album : sì ad essere onesta, dalla settima track l’album ha acquistato ancora più valore e piacere all’ascolto.
Il trailer dell’album non si discosta assolutamente dallo svolgimento intero dello stesso. La “sceneggiatura acustica” direi che attraverso il suono è abbastanza avvicinabile ed intuibile, i testi nel complesso sono tematiche che rispecchiano il canone doom e tutto è molto equilibrato ed omogeneo. Ribadisco il concetto che l’album nella parte centrale perde un poco di attrattiva per via di una discreta monotonia data probabilmente da un doom non troppo espressivo , ma la riacquista nel momento dei pezzi con più heavy. Tutto è filtrato molto bene attraverso la voce di Holmes che devo dire, ha superato la parte strumentale seppure gli assoli facessero una perfetta “controfigura” alla sua voce, perché in fondo entrambe, devono avere questa funzione teoricamente. La sua presenza ha saputo sicuramente dare un tono più caratteristico all’album. Il tutto è stato prodotto da Bogren che è produttore anche per Katatonia, Opeth, e Amon Amarth , giusto per fare qualche nome e lo era già stato anche per altri due precedenti album dei Paradise Lost, quello del 2008 e del 2009. Per quanto riguarda la limited edition troviamo alcune bonus track, ovvero “true belief” , “One second” , la goticissima e bellissima “Say Just Words” e la cover degli Spear of Destiny e vi assicuro che se quella canzone era già bella (per chi piace e piaceva ovviamente) lo è diventata ancora di più grazie alla loro reinterpretazione. Insomma Holmes e company hanno fatto un lavoro davvero bello, mi ha emozionato e le bonus track mi hanno dato il colpo di grazia.