Anche questa volta i magistrali Periphery hanno sfondato le porte di un genere in piena evoluzione come il Progressive Metal e alcune altre dello stile djent tuttora in fase di sperimentazione. Trattasi di una band composta da sei elementi di alto spessore: tre chitarre a otto corde che catapultano in una cascata di acqua fresca (che in questa estate cosi maledettamente afosa é un’oasi mentale), ed una voce tanto versatile e corposa come quella di Spencer Sotelo bastano a defnire questa band-modello. Non solo: costoro si sono affidati a maestri del calibro di John Petrucci e Wes Hauch, ben consapevoli che la riuscita finale del prodotto, sarebbe stata tale da entrare immediatamente e a pieno titolo in classifica dopo solo un giorno di uscita dell’album.
Insomma, settanta minuti di pura estasi musicale: “THIS TIME IT’S PERSONAL” è un viaggio “interstellare” di quattordici tracce prodotto dalla Road Runner Recordin collaborazione con la Sumerian Records . E’ assai difficile non perdersi a immaginare a chissà quali tematiche e ambientazioni si siano ispirati Sotelo e soci per la sua realizzazione. In particolare, dopo l’uscita del loro primo lavoro (totalmente strumentale) si può constatare come la scelta di alternare growl a voce melodica sia stata una mossa azzeccatissima e gestita in modo davvero sublime. Per questo album non è facile descrivere in modo netto ciascun brano in quanto ogni pezzo è forgiato in modo completamente diverso dall’altro e propone l’aggiunta di particolari anche contrastanti tra loro che però nel complesso danno un senso di ordine ed armonia. L’apertura di violino del secondo brano ne é un ottimo esempio, dando una sensazione quasi epica del tutto. Da qui in poi, fino ad arrivare alla decima traccia in cui è presente un assolo da brividi targato Petrucci, la complessità dell’album rimane invariata, fino a concludersi con il brano numero tredici in cui compare il tipico sound di Wes Hauch (celeberrimo chitarrista dei The Faceless) che tutti conosciamo; a questo punto non si può dimenticare la succosa collaborazione di Guthrie Govan degli Aristocrats. I brani “Muramasa”, “Ragnarok”, e “Masamune” sono stati ispirati dai rispettivi videogames. Muramasa è il nome di una spada citata nel videogioco Terraria, Ragnarok è invece il nome del famoso MMORPG chiamato appunto Ragnarok Online; infine Musamune è il nome di una Katana che appare spesso nella serie di Final Fantasy.
Trattasi, in conclusione, di un album spaccaossa che, pur essendo una doccia fresca dal punto di vista delle emozioni che suggerisce, é arrivato come un temporale estivo. Una band da vedere assolutamente dal vivo, di cui assaporare il sound unico, e di cui ovviamente acquistare subito (anche) il secondo disco-capolavoro.
http://www.youtube.com/watch?v=cLeIz0VE83M