Amanti del rock progressivo, finalmente ci siamo. Dopo lungo peregrinare a destra e a manca alla ricerca della new sensation di turno, fra speranze tradite e un numero indefinito di promo e demo provenienti da ognidove, ci siamo finalmente imbattuti in una band che, lasciatecelo dire, è destinata a lasciare il segno nella sterminata galassia dei “virtuosi”. O quantomeno a non passare inosservata; il project Pictorial Wand, capitanato dal polistrumentista norvegese Mattis Sorum, già nel 2006 si era fatto notare con il bellissimo debut “A Sleeper\’s Awakening”, raccogliendo recensioni lusinghiere e strappando persino una nomina ai Progawards nostrani. Dopo tre anni giunge il turno di “Face Of Our Fathers”, uno di quei dischi da leccarsi i baffi, che racchiude e sintetizza in sé tutte le qualità che un vero disco di prog rock dovrebbe avere: ecletticità, malinconia, potere evocativo, coinvolgimento e una buona dose di imprevedibilità. Curiosamente le atmosfere in cui ci troviamo catapultati sin dalle prime note ricordano non poco quelle delle rock opera di metà anni \’70; non c\’è dunque molto spazio per stantìe partiture jazzate, meno che meno per il metal progressive, anche se agli orecchi più allenati non sfuggirà l\’eco dei cugini scandinavi Pain Of Salvation.
L\’intreccio delle voci maschili e femminili (ben quattro in totale), l\’utilizzo della chitarra rock, il retrogusto folk presente su quasi tutti i pezzi danno al disco una palpabile tensione emotiva che porta il disco e la narrazione su livelli di tutto rispetto. Per questi motivi “Face Of Our Fathers” è una gradita sorpresa, perchè è godibile, coinvolgente e scorre tutto d\’un fiato proprio come certi dischi che si facevano una volta. Notevole.