Londra 1967. In pieno gennaio di quell’anno di fervente movimento politico, sociale e dettato dagli ideali delle lotte studentesche, ma soprattutto anno in cui i BEATLES erano in piena registrazione di “Revolver”, Syd Barrett iniziava la realizzazione di “The Piper At The Gates” che risultò tra l’altro essere l’unico disco dei Pink Floyd prodotto dallo stesso Barrett. Prima di iniziare ad interpretare questo disco è necessario sapere alcune cose importanti, ma andiamo con ordine.
Nello stesso periodo la band aveva registrato un singolo ”Arnold Layne” presso gli studi Sound Techniques Studios, che però fu pubblicato due mesi dopo. Immediatamente dopo il singolo, Barrett e soci registrarono alcune basi per il documentario di Peter Whitehead Tonite Let’s All Make Love in London una versione di 16 minuti di “Interstellar Overdrive” (inclusa nell’album Tonite Let’s All Make Love in London) e una jam improvvisata chiamata “Nick’s Boogie” (quest’ultimo brano non è stato rilasciato fino al 1991, con la riedizione CD della colonna sonora del film).
Dopo questi esperimenti risultati un ottimo trampolino di lancio Syd iniziò a comporre i brani con la band fino ad iniziare finalmente la registrazione di “The Piper At The Gates Of Down”.

“The Piper at The Gates Of Down” che tradotto significa “Il pifferaio alle porte dell’alba” è un album che contiene undici tracce, sei tracce per il lato A del vinile e altre 5 per il lato B.
Per “Astronomy Domine” Barrett si è riempito fino al midollo di LSD e ne tirò fuori il resoconto di un viaggio stellare intrapreso da lui stesso in preda alle allucinazioni. Riguardo alla riproduzione del brano possiamo certamente capire che la sequenza degli accordi è piuttosto inusuale Mi/Mibemolle/Sol/La.
Alla seconda traccia di questo lavoro esilarante troviamo “Lucifer Sam” nonché la storia di un gatto siamese dalle movenze strane, comportamenti inquietanti e inspiegabili che apparteneva a Syd e a cui egli vi si è ispirato. Il ritmo della chitarra senza dubbio incalzante e martellante e il brano è oltretutto piuttosto orecchiabile.
“Mathilda Mother” è la perfetta simbiosi di Barrett con l’essere menestrello e flautista d’eccellenza ripercorrendo una favola raccontatagli da sua madre e il brano è l’apoteosi della richiesta incessante da parte di un bambino a sua madre che non smetta di raccontare. Voce solenne, teatrale e la ricostruzione dei cori fino a uno struggente “Mother tell me more”(Mamma raccontami ancora.
La traccia numero quattro “Flaming” è un viaggio ai limiti del paradossale, confusionario e oscuro scritto sotto l’uso dell’ LSD ed evocato poi musicalmente con l’utilizzo dell’organo Hammond e della chitarra acustica e altri effetti strani e coinvolgenti mentalmente.
“Po R. Toc H.” quinto brano, pezzo totalmente strumentale ed estremo per le urla deliranti e bizzarre di Barrett. Un brano cupo, con leggerissime sonorità jazz e ricchi contenuti psichedelici fino all’esplosione finale con le percussioni. Andiamo avanti con la seconda parte del disco.
La sesta traccia “Take up thy stethoscope and walk” è l’unico brano composto da Roger Waters con arrangiamenti sofisticati che verranno poi elaborati (e presi d’ispirazione per eseguire poi “Dark side of the moon”) .
Il brano precedente si allaccia ad un altro pezzo strumentale “Interstellar overdrive” che troviamo come settima traccia. E’ il pezzo senza dubbio più famoso dell’album ovvero una cronaca di un viaggio umano ai limiti estremi negli angoli più bui dell’universo cosmico. Un’esplorazione dettata dai numerosi effetti sonori, che vengono realizzati per ben nove minuti e passa di allucinazioni e status deliranti.
“The gnome” è l’approccio di pura ispirazione Tolkeniana. Un brano acustico e prettamente tranquillo e rigorosamente corto rispetto alla durata degli altri pezzi. Esso racconta di un individuo del piccolo popolo (chiamato Grimble Gromble), della sua vita quotidiana e di un viaggio che deve intraprendere.
Nel frattempo Barrett entra in piena crisi mistica sempre sotto il consumo di LSD e compone “Chapter 24” traccia numero nove, pezzo acustico realizzato con tastiere, cori e ispirata all’I-Ching libro dei Mutamenti della dinastia Zhou e quindi un leggero riferimento alle sonorità orientali.
“The Scarecrow” è la descrizione di un bizzarro spaventapasseri che Syd interpreta con pathos infantile e teatrale, accompagnando il testo con un ritmo martellante e incalzante di nacchere o simili, una tastiera con infine una chitarra acustica che entra solo nel minuto finale del brano per dare il giro di accordi conclusivo.
L’ultimo brano di questo album è “Bike” che riassume tutti pezzi del disco offrendo negli ultimi tre minuti di musica floydiana una panoramica completa dei testi e delle musiche utilizzate nel corso delle altre dieci tracce. (La traccia “See Emily play” è presente solo nell’edizione giapponese del vinile)

“THE PIPER AT THE GATES OF DOWN” segna l’inizio della storia del psichedelico continuando ad oggi ad essere oggetto geniale di culto per gli appassionati, nonché capolavoro e pietra miliare dell’epoca degli anni ’60 mentre la musica subiva una netta trasformazione, diventando il genere a cui poi si ispirarono band come Genesis, gli Yes, gli Nine Inch Nails fino a toccare i Dream Theater e i Porcupine Tree.

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